Care

Feb. 5th, 2020 08:54 pm
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  • Storia scritta per la prima settimana del COWT10;
  • Fandom: My Hero Academia;
  • Prompt: Pioggia, Oscurità, Sereno;
  • 800 parole;

 

 

 

 

 

 

 

 

 

È un suono piacevole e ritmato che accompagna la sua giornata. Un picchettio lento e lungo o rapidissimo e scrosciante. 

A Kirishima piace la pioggia, gli piace sentirla scivolare sulla pelle e infilarsi tra i vestiti; adora il modo in cui i suoi capelli cedono al peso della gravità e gli si appiccicano alla pelle della fronte e della nuca; il plop degli stivali che si dimenano nel fango e l’odore inconfondibile dell’umidità che sale dal bosco. 

Quando viaggiava da solo, era solito fare i tragitti più lunghi sotto la pioggia, tranquillo di non incontrare nessun viandante per strada, o trasformarsi e volare nascosto dalle nuvole scure. Non è mai stato un maestro del camuffamento e non a caso è stato il primo della sua specie ad essere avvistato dopo più di un secolo, ma essere riservato non è mai stato nella sua natura.

Influenza, freddo e dolori vari non rientrano nella sfera delle sue preoccupazioni, non è mai stato malato in vita sua e non ha mai avvertito il gelo invernale o la spossatezza di una lunga camminata.

 

Bakugou, invece, detesta la pioggia. Il suono gli dà sui nervi - come praticamente ogni cosa - e l’umidità gli rende quasi impossibile usare il proprio potere.

-Faccia di merda - segue tutta un’altra serie di coloriti epiteti ogni volta che la pioggia inizia a scendere e Kirishima tenta di convincerlo a continuare a camminare. 

Le giornate di pioggia sono scandite da una pigrizia quasi schiacciante, fatte di allenamenti poco convinti e membra molli. 

Bakugou rimane a letto o va a dormire ancora prima del solito e Kirishima ha ormai trovato un nuovo lato della pioggia che trova altrettanto affascinante, col compagno che per una volta accetta di tenerlo nel letto con sé non solo il tempo dell’amplesso, le coperte calde che gli si attorcigliano pigre agli arti e Bakugou che gli si fa un po’ più vicino - Fa freddo, cazzo -

 

 

 

Gli occhi di Kirishima sono grandi e tondi, dal taglio all’insù e con una sfumatura cremisi decisamente non umana e una cicatrice piccolissima che gli solca una palpebra e di cui non fa mai parola. È solito strabuzzarli e aprirli all’inverosimile. Bakugou lo trova irritante e infantile e, quando esagera, lo colpisce - con non troppa forza - su una spalla brontolando qualche cosa di volgare e ben poco lusinghiero.

Di quegli occhi, però, ben presto Bakugou impara ad apprezzare le capacità sorprendenti e insolite.

Kirishima è come un grosso gatto del cazzo, riesce a vedere perfettamente con qualsiasi condizione di luce ed è in grado di ritrovarlo sempre, anche nell’oscurità più totale, anche quando Bakugou pensa che non lo rivedrà mai più, anche nella battaglia più cruenta e sotto la pila di cadaveri più alta. Le iridi diventano più rosse, più incandescenti e lo vede.

Quando sono soli, in quell’intimità a cui il guerriero si rifiuta di dare un nome e che talvolta finge anche che non esista, nel buio più totale, Kirishima lo vede, è in grado di ripercorrere ogni linea del suo corpo, ogni cicatrice, di trovare i punti che lo rendono maggiormente sensibile e di vedere le facce eccitate e imbarazzate di Bakugou.

Qualche volta Kirishima si domanda se non sia il caso di confessare al compagno che, in realtà, non vede poi tanto bene al buio. Vede lui, perché è lui, perché le sue viscere si contraggono se non è al suo fianco e il proprio istinto si sveglia più feroce e del dovuto, i suoi sensi si acuiscono, il sui essere si agita finché non lo vede, finché l’oscurità che aleggia nel sui petto non si alleggerisce e schiarisce col tocco della sua pelle. 

 

 

 

Bakugou è imbronciato, iracondo e violento. È una creatura difficile, volgare e imprevedibile. I loro compagni hanno paura di lui, spesso lo evitano e solo alcuni hanno avuto la possibilità di avvicinarsi abbastanza a lui per imparare a conoscerlo quel tanto da leggere la premura sotto la violenza, la frustrazione dietro un’espressione assassina, l’affetto camuffato sotto un epiteto eccezionalmente volgare. 

Kirishima non ricorda di averlo visto sorridere, non nel modo rilassato e pacifico degli altri umani, e va bene così. Non ha bisogno di sentirlo felice, di vederlo fingere un’espressione che non gli appartiene solo per farlo contento.

Non importa quando Baklugou gridi, lo insulti, imprechi e gli dica di - togliersi dalle palle - il suo corpo lo tradisce: il modo in cui gli sudano un po’ di più i palmi delle mani, in cui le pupille si dilatano, le labbra tremano o il battito del cuore cambia di intensità. 

Kirishima non ha bisogno di vederlo felice, lui lo sente, lo avverte. Legge nei suoi movimenti, nei gesti, nel modo buffo in cui inavvertitamente poggia il piede destro a terra dopo che una missione è riuscita bene.


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