Random #56

Apr. 5th, 2023 07:49 pm
irgio: (Default)
 M6 - 200 Paole 
Avatar - Mai/Lee



Mai ha gli occhi sottili, affilati e  così chiari da ricordare a Ty Lee il cielo plumbeo che si scorge dalla finestrella della sua prigione. è pallida, sottile, spigolosa. Mai è tanto graziosa quanto, al tempo stesso, spaventosa e la ginnasta né è attratta in un modo che non sa definire. Avverte solo lo stomaco stringersi ogni volta che l'altra la sfiora per sbaglio o le loro spalle si toccano durante una passeggiata o un combattimento. 
Mai è bella e pungente, apparentemente insensibile, fredda e meticolosa; votata al sacrifico e alla Nazione del fuoco come Ty Lee non riuscirà mai a fare.
Hanno undici anni quando scoprono che Mai è promessa al figlio del Signore del Fuoco, Zuko, e per la prima volta Ty Lee la vede vacillare. 
Mai ne è sicuramente felice, un grande onore per la sua famiglia e la sua discendenza. Quando la notte si infila nella stanza di Ty Lee, questa ne è tanto sorpresa quanto eccitata. 
- Stai bene? - le bisbiglia, spostando le coperte per farle un po' di posto. 
Mai non risponde, le riserva solo uno sguardo tagliente e si accoccola al suo fianco. 
Passano minuti lunghissimi di silenzio prima che parli. 
- Rimarrai con me sempre, vero? - 
- Per sempre - le risponde 

Random #55

Apr. 5th, 2023 07:23 pm
irgio: (Default)
Storia scritta per l’ultima settimana del COWT13
Fandom: Originale
M1 – prompt: sacrificio
Parole 1867

Per quanto possa intimorire, spaventare, sconvolgere, il cambiamento è un fenomeno con il quale ognuno di noi, prima o poi, sarà costretto a venire incontro e a scendere a patti, non importa se sia qualcosa che abbiamo scelto o che semplicemente ci è stato imposto da terzi. Il cambiamento, il mutamento, la trasformazione sono un evento improrogabile dell’esistenza dell’uomo, delle creature, del mondo. Una tappa fondamentale. È il destino di ognuno di noi quello di mutare e cambiare, di trasformarsi ogni volta, ogni giorno, in qualcosa di diverso e differente – talvolta si cambia in meglio, altre volte in peggio. Non ci è concessa la libertà di scegliere quasi nella totalità dei casi. Tutti noi siamo dentro a un circolo vizioso, una giostra, da cui non possiamo scendere mai.
Il cambiamento, in sé, si porta dietro gli strascichi di un passato che, ancora con maggiore forza e consapevolezza, realizziamo non tornerà più. Anna, che di anni ormai ne ha quasi trenta, il cambiamento ancora non è riuscita ad accettarlo; non riesce ad accettare come il suo corpo lentamente – ma inesorabilmente – stia mutando, accogliendo man mano i segni dell’invecchiamento, dell’età adulta, della fatica dei giorni, delle cattive abitudini che negli anni ha accumulato e collezionato come se non ci fossero conseguenze. Sesso, fumo, alimentazione sbagliata, una beauty rutine che non è mai riuscita davvero a seguire – e che la pelle del suo viso, delle guance, del contorno delle labbra e degli occhi chiari iniziano a manifestare. Ha quasi trent’anni e li sente tutti e tutti di più di quanti forse dovrebbe sentirne.
I suoi coetanei, i suoi amici, i suoi coilleghi, negli anni, hanno subito gli stessi effetti. Il cambiamento gli è strisciato dentro senza che se ne rendessero conto e poi, man mano, li ha mangiati vivi e li ha sputati una, due, tre, cento, mille volte.
Anna lo sente, il cambiamento, come un nemico al quale non può sfuggire, dal quale non può nascondersi e che non le darà mai tregua. Non a lei, non ai suoi amici, non a nessun altra creatura che esiste nel mondo, nella galassia, nell’universo. Il cambiamneto è una entità spietata, spregevole, che non dimentica niente e nessuno. Essa non dimentica gli uomini, le donne, gli animali, i mari, i ghiacciai e neanche le aziende. Le case, le città, i paese, le industrie, i negozi. Le cose cambiano attorno a lei, a loro, a tutti, in una giostra che vortica e ti scombussola e che, anche se gridi, piangi e sbatti i piedi, non si ferma. Sono tutti dentro, ingabbiati, legati, stregati dall’esistenza che gira, vortica, muta e mescola ogni cosa.
Anna ha quasi trent’anni, due lauree, un master e molti più capelli bianchi di quelli che vorrebbe. Lavora in un’azienda che non fa niente di nuovo, niente di meglio, di tante altre in cui ha fatto colloqui e file lunghissime. Anna è uscita dall’università quasi cinque anni prima, piena di sogni e aspirazioni, pronta a prendere il mondo di petto, ad afferrarlo e piegarlo, per plasmarlo priprio come se lo è sempre immaginato. ed è stato così per giorni, settimane, mesi, finché, un colloquio dietro l’altro il cambiamento non ha lentamente eroso gli argini della sua convinzione, portandola lentamente ad arenarsi in un lavoro relativamente poco gratificante, in un corpo ormai non più giovanissimo e in una vita fatta di tante piccole sconfitte e poche vittorie. Anna è cambiata e osserva, interdetta, le cose che intorno a lei si sconvolgono, cambiano, mutano, chiedendosi dove sia l’inghippo, la chiave, dove possa trovare l’interruttore che ferma la giostra.
Eppure, in una parte recondita del suo cervello e del suo animo, è affascinata dal cambiamento. Intimorita, sì, ma anche stupefatta da come questo muti e plasmi le loro esistenze. Da economista, percepisce il cambiamento come una sfida, un trampolino di lancio da prendere al volo, prima degli altri, prima dei concorrenti, per essere sicura e certa di non rimanere indietro e buttare al vento quel poco di buono se sente le sia rimasto.
Il lavoro non è tanto gratificante, è fatto di molte giornate no e qualche momento sì, ma è proprio quello a cui lei si aggrappa con le unghie con i denti. Lavora e lo studia e col tempo impara che è, sì, un nemico, ma che può rivelarsi anche una di quelle vecchie conoscenze che alle volte ti può tornare utile. Nel suo mondo lavorativo, talvolta, il cambiamento è anche qualcosa di buono.
Anna lo osserva, anche con una certa brama, meravigliata da come la sua stessa azienda debba combattere ogni giorno, adattarsi e cambiare di pari passo con i bisogni, la società, il mondo, per fare in modo che il cambiamento non condizioni in maniera negativa e irreversibile la sua regolare attività, le sue entrate, la sua immagine. Essa deve trovare di volta in volta la chiave che le permetta di affrontare il cambiamento, il mutamento, di cavalcare l’onda del nuovo e del più o meno diverso, sicché questo non intralci il suo fine ultimo, la sua sopravvivenza. E Anna e tutti i suoi colleghi, dai tirocinanti ai più alti dirigenti, hanno il compito di fare in modo che la papera continui a galleggiare.
Nonostante il cambiamento, l’azienda deve assolutamente conservare la sua continuità nel tempo. Anna è talvolta sorpresa e sconcertata, se non affascinata, dal ritrovarsi a pensare che lo stesso concetto di cambiamento abbia subito un mutamento nel tempo. Anche esso non è immune ai propri effetti, in uno strano e sinistro scherzo del destino – o del karma.
Nell’organicità del suo lavoro, in sostanza Anna sa che il senso di cambiamento ha manifestato la sua evoluzione attravero il passaggio da una visione ispirata ad una razionalità strumentale nella quale il manager assumeva il compito di ripristinare volta per volta, e sempre con maggiore accuratezza e meticolosità per i più piccoli dettagli, l’equilibrio ottimale dell’organizzazione. Ancora più importante il manager – o anche Anna stessa, o il tirocinante appena arrivato e che ancora non sa fare un caffè col bollitore dell’ufficio senza scatenare la seconda guerra mondiale nell’abitacolo che funge loro da sala relax – deve agire come se la sua mano fosse condizionata da forze determinate da altri, che con maestria sottintendano un totale controllo da parte del manager, ad una concezione che considera forze economico-sociali esogene alla base di esso.
Tutti loro in realtà, come in un meccanismo ben oliato, svolgono – chi più chi meno - un ruolo fondamentale nel fronteggiare e accompagnare al meglio il cambiamento. Anna negli anni, con l’esperienza, lo ha imparato; con la stessa consapevolezza e placida rassegnazione si è resa conto che le si è presentato l’ennesimo cambiamento della sua vita, di cui in un primo momento neanche ha avvertito le avvisaglie. Il suo ruolo, l’ingranaggio che è lei stessa, le ha reso necessario sviluppare delle caratteristiche ben definite ,quali: competenze di gestione delle fasi di transizione, sviluppare una esperienza e un approccio che tengo conto di tutti i fattori che hanno avviato il processo di cambiamento. Il cambiamento è diventato il suo focus anche nel lavoro, proprio quando nella sua nuova fase di vita, ormai più nei trenta che nei venti anni, ha smesso di essere assente a se stessa e ha realizzato che forse gli anni che ha vissuto sono già più numerosi e consistenti di quelli che le rimangono sulla terra, né è il focus.
Anna osserva le cose cambiare e una parte di lei ne è ammaliata e ipnotizzata, in un perverso senso e bisogno di masochismo.
Il suo cervello si contrae e poi è scosso da uno spasmo che lo espande nuovamente, in uno zigzagare di pensieri intrusivi e piccole fissazioni, pronto e fremente per risolvere l’enigma e completare il puzzle.
Anna sa che è importante, infatti, porsi alcune domande per fare in modo di trovare una giusta risposta e formulare la miglior strategia per affrontare il problema e non permettere a questo di schiacciarti.
Chi è stato coinvolto dal cambiamento? Quanto incide tale fenomeno? Cosa lo ha generato? Perché si cambia? Come reagire?
Anna ha anche ormai realizzato che per rispondere alla prima domanda è necessario considerare che i diversi livelli in cui le cose toccate dal cambiamento vengono suddivise, per poi essere condizionati in modo diverso.
Nel caso in cui la cosa toccata sia un essere umano e non un oggetto qualunque, viene coinvolto nella sfera personale e affettiva; nel caso in cui si parli, per esempio, di lei e dei suoi colleghi il gruppo è condizionato quando il cambiamento riguarda una precisa funzione aziendale. Per l’azienda ,il cambiamento assume rilevanza quando sono coinvolte tutte o anche una sola delle particelle che di essa fanno parte. Nel livello network dipenderà da possibili disequilibri del suo assetto e dei meccanismi di relazione – razionalizza una parte del suo cervello, spolverando una nozione vecchissima appresa nei primi anni di università.
Ognuno di questi livelli è strettamente interconnesso e legato a quello precedente e ciò definisce un’innegabile complessità del fenomeno.
A questo punto Anna che sa che bisogna chiedersi cosa lo ha generato – il cambiamento. È possibile far riferimento a due grandi categorie.
La prima è quella dei cambiamenti incrementali, che man mano crescono e si alimentano, ingrandendosi e diramandosi sempre fittamento, facendo sì che a sua volta si divide in cambiamenti di adattamento (e quindi conseguenze di interventi sulle procedure e sull’ambiente e anche sugli individui che lo compongono) e in cambiamenti inerziali, che strisciano e si spandono, ma con una presa decisamente meno saldi, che tendenzialmente arrestano da soli i mutamenti.
La seconda categoria è quella dei cambiamenti rivoluzionari, i quali riguardano una vera e propria trasformazione dell’identità in quanto riesce a modificare il sistema di regole, gli ingranaggi, che caratterizzano il suo funzionamento.
L’analisi del contesto, dell’inasieme, ossia il posto fisico in cui si manifestano e prendono piede in toto i meccanismi del cambiamento, del mutamento. Si devono andare a cacciare, annusare, fiutare e afferrare fino in fondo le ragioni delle spinte che lo hanno originato, questo ennesimo cambiamento, e delle possibili resistenze a cui va in contro. Devono essere studiate e capite e, talvolta, ci si deve modellare e adattare per fare in modo che l’azienda e lo stessp lavoro di Anna sopravvivano. Ci si deve sacrificare per la causa.
Anna sa che il suo compito e quello dei suoi colleghi è come quello di tanti piccoli meccanismi che si arrotano e arrovellano nel tentativo di tenere i pezzi insieme e di essere come un solo grande meccanismo. Devono muoversi come se fossero una cosa sola, una sola entità, un unico organismo che si alimenta dei loro sforzi e dei loro sacrifico.
Svuotata, talvolta potrebbe definirsi. Annientata da un lavoro, da una fatica, da un costrutto sociale che la imbriglia e a cui non sa opporsi. Giorno dopo giorno si sente più stanca, più sfibrata, più annientata. Vittima di una esistenza di sacrifici a cui lei stessa si sottopone.


*

Quando la mattina, ancora e ancora, Anna si alza e va all’ennesimo meeting aziendale, con gli altri intona a gran voce, per darsi la carica, in un rituale grottesco a cui ognuno di loro si sottopone qusi come se si trattasse di qualcosa di sacro, il mantra dell’azienda. La bocca si muove e il cervello si spegne.
Il sacrificio ci dà valore.

Crack

Mar. 29th, 2023 01:11 pm
irgio: (Default)

Storia scritta per la VI settimana del COWT13

COWTverse – Anfibio 

100 parole 

 

 

 

 

 

 

Tanit è avvolta nell’ombra, cullata dall’oscurità della notte, con il profumo dell’erba inumidita dalla pioggia e il cielo puntinato di stelle. 

Tutto tace, addormentato, placido, ignaro. 

Piccole zampe, lunghe, con cinque dita e una membrana sottilissima che le avvolge; pelle viscida, lucida, tenera; occhietti sporgenti, neri che guizzano a ogni movimento. 

Meridian trema e avverte lo stomaco chiudersi, preda di ricordi di un’altra vita, improvvisamente vividi e lucidi come se fossero i propri. 

Rimane ferma, congelata per un tempo infinito, poi la creatura distende le gambe e salta verso di lei. 

- Crack – gracida e Meridian trema ancora. 
irgio: (Default)
 M3 - Credo proprio che diventeremo amici

1160 parole

 

 

 

 

 

Marlene McKinnon ha un naso un po’ troppo lungo e le guance piene di lentiggini. Vista da lontano, è graziosa, con i capelli disordinati, ricci e biondissimi e lo sguardo sempre un po’ spaesato. Da vicino, si nota il naso sproporzionato, la pelle rovinata dall’acne e l’assenza, anche accennata di forme, e smette di essere così graziosa. Anonima, potrebbe dire qualcuno anche in modo un po’ troppo benevolo. 

Marlene è una Grifondoro inusuale, sempre pronta a nascondersi dietro a qualcun altro, priva di iniziative e, apparentemente, di coraggio. Qualcuno si chiede se il Cappello parlante questa volta non abbia preso una cantonata mostruosa e non abbia detto Grifondoro al posto di Tassorosso – si sa che quell’affare ha visto fin troppe lune, forse sarebbe il momento di mandarlo in pensione. 

È un puntino in una multitudine di stelle molto più luminose e nessuno fa caso a lei. Carente nelle arti magiche, nello studio, anche nelle interazioni sociali. Una figura sbiadita e poco saporita che si aggira per i corridoi di Hogwarts senza alcun interesse a lasciare il segno. Una creatura mite, pacata, che difficilmente attira gli sguardi su di sé.

I suoi compagni di Casa si sono rapidamenre abituati a lei, per poi altrettanto rapidamente dimenticarsene, presi da cose ben più interessanti. Dorcas Moenwen è forse l’unica vera amica di Marlene, ma più perché si conoscono fin da bambine che per altro. In ogni caso, non passano molto tempo insieme, giusto nelle pause tra una lezione o un’altra o il pomeriggio, in biblioteca, quando hanno un compito da scrivere e da consegnare all’ultimo – come al solito.

Dorcas, d’altra parte, è un Tassorosso piuttosto inusuale, tanto quando Marlene sia uno strano Grifondoro. Al primo anno, quando sono state smistate, è stata chiamata prima Marlene e poi subito dopo Dorcas – quando nessuno li sente, alcuni suggeriscono malignamente che il Cappello Parlante si sia confuso e le abbia scambiate di Casa. 

Regulus neanche sa della sua esistenza, anche se sono stati compagni di banco al corso di Storia della magia, al terzo anno, durante una esercitazione mista di Pozioni e Marlene, al primo anno, si è tirata l’asta della sua scopa volante sulla faccia, durante la prima lezione di volo.

È anonima ed è felice di esserlo. In un mondo che si affaccia alla guerra e in cui quelli come lei, i Sangue Sporco, creano sempre più clamore e odio, fino a ridursi a essere preda dei Mangiamorte più efferati, Marlene sceglie volontariemente di essere aninima. Vuole davvero passare inosservata. Salvarsi la pelle è forse quello che più desidera, non la fama, non il clagore, non gli occji di qualcino che la veda per quello che è. 

Marlene si crogiola nell’essere una perferra nessuno tanto quanto Regulus si avvia a diventare uno dei fautori della distruzione degli equilibri del mondo magico.

 

*

 

Quando iniziano il settimo anno, Marlene è solo felice di non essere ancora morta. Sui giornali si moltiplicano notizie orribili di morti, scomparse e tragedie di ogni sorta, con il Signore Oscuro che ingrossa le proprie file e i maghi che diventano carne da macello per una guerra che lei, personalmente, ritiene priva di alcun senso e alcuna ragione. 

Come tutte le guerre, si sentirebbe di dire, ma sceglie di non farlo. Non si sbilancia mai su nulla. È il suo modus operandi da quando è nata e le è stato detto che in molti desiderano che quelli come lei scompaiano dalla faccia della terra. Una piaga per l’inytero Mondo Magico, per la purezza del sangue e per tutte quelle stronzate.

 

Marlene ha ormai raggiunto i diciassette anni quando, per la prima volta nella sua vita, fa qualcosa che nessuno si sarebbe immaginato. Nel mezzo del niente, dopo l’ennesima battuta di cattivo gusto sui mezzosangie, sui nati babbani e sui sangue misti, lei non ne può più.

Guarda Regulus Black con l’aria di chi sta fissando uno scarafaggio disgustoso, uno di quelli con troppe zampe, le antenne troppo liunghe e il colore del letame, e biascica con la sfida nella voce parole che per l’altro non hanno alcun senso. 

- Credo proprio che diventeremo amici – gli dice, con gli occhi lucidi per la stizza e i capelli arruffati e bindissimo. Sembra quasi una pazza e Regulus non è del tutto sicuro se stia scherzando o lo stia prendendo in giro o sia completamente fuori di zucca e sia convinta di quello che sta dicendo. 

- Diventeremo amici, Regulus Black – ripete di nuovo, per sincerarsi che il Serpeverde abbia sentito quello che gli ha detto e allora il ragazzo fa una smorfia disgustata, come se fosse lui questa volta ad aver visto uno scarafaggio disgustoto, con troppe zampe e il colore della merda secca. 

 

Marlene si rivela cocciuta e ostinata e anche piuttosto stupida quando si mette in testa qualcosa. Regulus lo impara a proprie spese, anche se continua a non comprendere quella ostinazione.

La Grifondoro gli parla come se fossero davvero amici e più lui la insulta, più le parole di lei divengono affabili e amorevoli.

Quando è solo, gli si avvicina e gli racconta della propria vita, della sua casa, dei problemi della sua famiglia, della sua sorellina che ha paura di dormire e poi di risvegliarsi scoprendo che il mondo le ha portato via la sua mamma. Regulus è indifferente a quelle parole, ma più lui la respinge, più lei si confida. Tocca le corde del suo animo, mostrandosi improvvisamente furba e orgogliosa. 

- Smettile – le dice un giorno, estenuato dopo l’ennesimo racconto di una bambina mezza babbana che ha paura del buio, perché nel buio ci sono i mangiamorte – Sei pazza, non mi interessa- continua con foga e Marlene coglie un punto cieco nel suo fianco. Metaforicamente. 

- Ora siamo amici – gli risponde invece lei – Perché dovrei? Voglio solo che ti ricordi di me, della bambina che si nasconde sotto le coperta la sera, della mia mamma che ci prepara i biscotti per distrarci, di mio padre che cerca di rendere tutto più bello. Voglio che ti ricordi di me e di quelli come me, del fatto che siamo persone, quando deciderai di bussare alle nostre porte per ucciderci come degli animali – continua velenosa. Implacabile. Orgogliosa. 

 

Regulus, nella parte più oscura di sé, ha già iniziato a ripendare con un misto di rabbia e angoscia ai racconti di marlene. Quando una mattina, sopo le vacanze di Natale, Marlene non si fa vedere in Sala Grande, gli viene la nausea. 

Il giorno dopo ancora arriva la Gazzetta del Profeta e il suo gufo la lascia cadere proprio davanti a lui, mentre fa colazione. In un articolo, scritto in piccolo, copare il nome della famiglia McKinnon, con una foto della ragazze, di un uomo e una donna che devono essere i suoi genitori, e di una bambina che Regulus non fatica a riconoscere come la sorella minore della ragazza. Famiglia di Nati Babbani sterminata la notte di Natale, riporta il titolo.

Regulus perde l’appetito, gli trema tutto quello che può tremargli e le sue convinzioni un po’ vacillano dolorosamente.

irgio: (Default)
 

1089 parole. 

M3 - "Sì. Anzi, no"



 






Strilla, strepita, si dispera. Niente è andato come doveva –
 neanche questra volta. Vorrebbe distruggere tutto, annientare ogni cosa, far sparire il mondo intero e se stesso; scivolare nell’oblio e lasciare che creature invisibili rosicchino quello che testa di lui, di loro. Se potesse, Marco vorrebbe avere il potere di riavvolgere il tempo e tornare al nulla cosmico, smontare l’universo mattone dopo mattine, come suo fratello faceva con lui, quando erano bambini, costruzione dopo costruzione. 

Sembra un pazzo furioso con le mani aperte sulla parete della stanza, fermo, immobile, concentrato nell’immaginare la distruzione di ogni cosa. Spinge il peso contro il muro,  con la testa leggermente chinata verso il pavimento e gli occhi persi nel vuoto. Marco sembra un pazzo – è un pazzo. Un folle. Un idiota. 

Lo sa e la consapevolezza lo schiaccia e lo annienta, rendendo il suo essere un qualcosa di piccolo e miserabile. Indegno. Avrebbe potuto avere tutto, tutto quello che desiderava. Per una volta sembrava che stesse per vincere. Poi, come il più piccolo e misero degli insetti, ha lasciato che quella felicità gli sfuggisse dalle mani, che gli venisse portata via – che fosse lui stesso a strapparsela di dosso e a lanciarla come un sasso nel niente. Un idiota. Un pazzo. Un folle. Patetico. 

Rimane inchiodaro sul posto, quasi senta respirare. Non fa un movimento, non freme un muscolo, non trema un sopracciglio. Sospeso nella consapevolezza di aver perso, di nuovo, di non valere niente, di essere niente. 
A un osservatore esterno, a un paio di occhi che non lo conoscono, potrebbe addirittura apparire come una statua. Ma Marco è tutto tranne che una statua, tranne che immobile. Dentro di lui si agita ogni cosa, ogni pensiero, ogni sentimento.

Piccolo patetico idiota. Pazzo e folle ad aver davvero creduto che per una volta le cose potessero cambiare, migliorare. Pazzo, patetico e idiota, un illuso che non ha le palle di accettare la verità, la precarietà della propria situazione, la miseria del proprio essere. 

Marco ha perso, di nuovo, e questo lo fa infuriare come mai è stato infuriato nella sua vita – p forse sì? È stanco di perdere, di rinunciare, di amare che non ricambia e di ricambiare che poi cambia idea. Un essere piccolo e abietto che si aggrappa all’ultimo barlume di felicità, ma anche troppo spaventato e vigliacco per poterlo trattenere. 

Lui è tutto e niente e in quel momento vorrebbe solo scomparire, vedere il terreno sotto di sé aprirsi e lasciare che la terra lo risucchi e sigilli la sua vita, la sua memoria, la sua storia per sempre. La merita, la pace. Il silenzio, il nulla. Lo merita davvero, ma non ha il coraggio neanche per mettere fine alla propria stessa miseria, figurarsi al mondo intero. 

Trattiene ancora il respiro e si china appena più in avanti, facendo combaciare la pelle liscia della fronte contro la carta a parati della stanza. C’è qualcosa di desolante e patetico in quella scena, con la carta da parati gialla, vecchia e fiorellini rosa e azzurri. Deludente anche quello. 

Se chiude gli occhi e finge che nulla sia accaduto, di avere il potere di riavvolgere il tempo, potrebbe anche immaginare che lei sia ancora lì, che la parete fredda sia la sua fronte e che lei sia a un passo dallo stringerlo in un abbraccio. Patetico. Miserabile. Idiota. 

I supi amici lo osservano, in silenzio, attendendo un cenno, un suono, un ansito. È una scena orribile da vedere, patetica, pesante. Lo è per me che sono finito in questa casda di pazzi per puro caso, non oso immaginare per Sabrina e Giulio. Non vivrei mai con uno squilibrato simile, non sembra che porte chiuse e finestre sbarrate possano trattenerlo da uno sterminio di massa.

Quasi le vedo le prime pagine del giornale di domani. Marco Martelli, giovane squilibrato. In seguito a una pena d’amore, ha massacrato i suoi due coinquilini e un tizio che non si sa perché fosse lì.

Anche no, grazie. 

- Sì. Anzi, no – dico, senza un reale senso logico. Avverto la bocca impastata e il peso di tutta quella situazione sulle spalle. Posso ancora cambiare le nostre sorti e impedire che quei giornali escano! 

- Andiamo in camera, lasciamogli un po’ di privacy – riprovo e questa volta la voce semrba collaborare e non appaio come un idiota. Sabrina mi si attacca al braccio e Giulio mi fissa con gli occhi un po’ vacui, ma piuttosto riconoscenti. 

Sabrina è magra, alta e piacente. Una nuvola di capelli biondo cenere, con due tette enormi e un culo da paura. Piurttosto il mio tipo, se non fosse per la cotta priva di dinità che ha per Marco.

Bella mia, le vorrei dire, è inutile che canti vittoria, quello mica te lo dà. 

Ma poi lo ha visto? Sembra appena scappato da un manicomio. Non mi ci avvicinerei manco se mi pagassero – e io sono piuttosto povero in questo momento. Insomma, però, no. Suvvia, sembra davvero che sia fuori dal mondo e a me piace avere ancora tutti gli arti e la testa attaccata al collo. 

Sabrina è priprio una idiota, una stupida… sono capitato proprio in una gabbia di matti senza speranza. Giulio sembra l’unico normale, magari un po’ lento, ma nella media. Anche se non ci giurerei, per vivere con questi due idioti. 

Devo uscire di qui! Neanche più ricordo come ci sono finito in questo manicomio. Preferisco andare a dormire sotto un ponte, che approfittare una notte di più del loro divano. Insomma, il divano è in soggiorno e il soggiorno non ha porte. Vorrei arrivare a domani ancora vivo! 

 

*

 

 

Sedendomi a terra con le gambe incrociate inizio a frugare nella tasca sinistra dei miei pantaloni e tiro fuori alcune banconote che poi poggio (senza neanche troppo garbo) sul pavimento, esclamando – Che ne dite, vi va una scommessina? Una piccina, giusto per ammazzare il tempo. Insomma, avete capito… - 

Sabrina mi fissa, seduta sul proprio letto. I capelli viondi le cadono scomposti sul vuso e sulle spalle e ha gli occhi di una folle. Mi guarda come se fossi io il pazzo… andiamo bene! 

- Esattamente, ciccio bello, su cosa vorresti scommettere? – chiede, fingendosi improvvisamente sciocca, opiù di quanto non sia realmente.

- Su come andrà a finire. Secondo voi Marco stanotte ci ammazza? –

- Sì – bisbiglia giulio, con gli occhi spalancati su di me – Anzi, no- si affretta subito dopo. 

Neanche lui è decisamente tanto normale. Fantastico! 

Io mi chiedo, che cods ho fatto di male in questa vita o in una precedente? Perché davvero non me lo spiego perché debba crepare male e finire in un trafiletto patetico su un giornale scandalistico. 

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 M3 -1361 parole + La verità è che ti amo ancora.”

 

 

 

 

 

 

 

 

Una, due, tre, quattro, cinque, sei, sette. Sette crepe che si diramano pian piano nella carne.

Poi un lieve bruciore sulle nocche della mano destra e il sangue esce a fiotti. È scarlatto, corposo e gli inonda la pelle chiara. Si infiltra tra le pieghe del palmo, le grinze delle dita, in una ragnatela disgustosa, calda, appicciocosa. 

Uno, due, tre colpi. La superficie dello specchio si incrina e poi si frantuma, cedendo alla sia ira. Lo colpisce ancora e ancora, finché il sangue non macchia ogni cosa, ma la furia non scema. Rimane sopita, avvinghiata sotto la pelle, all’altezza del petto, della gola. Sotto gli occhi, nella lingua, in un sapore che sa di sangue e lacrime e amarezza.

Vorrebbe distruggere ogni cosa, tutto quello che gli capita a tiro. È un idiota, ne è consapevole, ma la soddisfazione e il sollievo prendono il posto di ogni altra cosa. Per qualche momento brevissimo avverte nient’altro che il dolore della pelle che si frantuma e del sangue che cola. 

La pelle si lacera, sanguina, la carne si espone, nuda e disgustosa e la sensazione di essere un fallimento per un secondo scompare. A ogni colpo, la mente per un istante cede e il mondo smette di avere consistenza e sofferenza. 

Vorrebbe continuare a non esistere, a sfuggire da quegli istanti di dolore. Lo specchio, però, alla fine cede. Un colpo troppo forte fa saltare un chiodo e la carcasse dell’oggetto si frantuma definitivamente al suolo con un fragore sinistro. Spira e, se fosse possibile, giurerrebbe che il suono sia di sollievo. 

 

Ha sbagliato tutto. La sua esistenza, ancora, è un susseguirsi di errori più o meno gravi. Lui perde, perde ancora e poi sbaglia e perde di nuovo. Una creatura fragile e ridicola che si fa spazio ridicolmente nella propria esistenza, strisciando tra gli altri individui ridicoli come lui. 

Ha reso lui stesso la propria esistenza un tormento, un inferno e lei – lei, Anna – glielo ricorda ogni giorno.

Lo guarda, lo ama, e lui ha di nuovo la sensazione di essere sbagliato, piccolo e ridicolo. La patetica imitazione di un uomo, per niente in grado di fare alcun ché.

Si sta conducendo da solo vero la fine. Ci corre in contro, la abbraccia, la stuzzica e lei non fa che giudicarlo e ricordarglielo.

- Dimmi, adesso, Ale – gli dice, con gli occhi puntati su di lui e l’accusa attaccata a ogni silava – Adesso sei contento? Sei soddisfatto? – 

 

Alessandro trema, trema tutto, gli tremano le labbra, le mani, le ginocchia. Il suo essere freme e non sopporta che sia lei, tra tutti, a detestarlo. 

- A che cosa serve?! A che cosa ti serve sacrificare la tua vita per loro? Sei felice? No. Io sono felice? No. Loro sono felici? No. È questo che siamo, per colpa tua. Infelici, legati, schiavi. Non ne posso più-

 

Non sa più neanche lui a cosa serva la sua stessa esistenza e la morte, ogni giorno, è un pensiero più piacevole. 

È passato così tanto tempo da quel maledetto giorno che crede di essersi perso per strada, di aver perso la via e di non essere più in grado di ritrovarla. 

È cre4sciuto in fretta, schiacciato dagli obblighi, tormentato dal tempo, dai timpianti e da un mondo per cui non sarà mai abbastanza. Si odia, si detesta e non può fare niente. Non prima, non dopo, non adesso. Anche anna lo sa e ormai ha rinunciato. Salvarlo. 

Lei non lo sa, neanche immagina quanto si odi, quanto si detesti, quanto combatta con ogni piccola parte del suo essere, cercandi di essere meno patetico. È un uomo mancato, una causa persa. 

Avrebbe solo voluto che suo padre lo amasse, che sua madre lo vedesse, ma questo Anna non lo sa, neanche lo immagina. Nessuno lo sa. Sono tutti ciechi davanti al suo tormento. 

Quel padre e quella madre severi e alteri, quella famiglia fredda e grigia di cui ha disperatamente provato a fare parte, a cui avrebbe voluto portare gioia e orgoglio. A ogni costo. È un fallimento e lo sa, lo sanno tutti. 

Una carezza, avrebbe voluto una carezza.

Come può dunque arrendersi e lasciare che tutto gli scivoli via, che la sua vita prenda un’altra piega. Accettare di essere una delusione così cocente e ridicola? Mai potrebbe. La morte è sicuramente pià soddisfacente e meno sofferta. 

Suo padre accetterebbe il suo non esistere più, la morte sarebbe gradita, piuttosto di un figlio vivo e del tutto al di sotto dei loro standard. 

E anche se provasse a dimenticare che accadrebbe? Potrebbe davvero esistere in una forma diversa da quella che è? Potrebbe fingere di dimenticare di essere un fallito?

Se provassi a concentrarsi solo su Anna poi che farebbe? Lei ne sarebbe contenta? Potrebbe vivere con un uomo come lui al suo fianco? No.

Non sarebbe mai in grado di renderla felice. Non potrebbe rendere felice nessuno. In questa vita o in un’altra.

Anna vontinua a soffrire per lui, a struggersi, a cercarlo, ad amarlo, ma è giusto? No. Alessandro sa che non lo è, che non lo sarà mai. Paolo la ama, la rispetta, è un fulgido sole nelle loro esistenze e potrebbe renderla felice. Non come lui. Chiunque potrebbe renderla felice, tranne lui e Alessandro lo sa, Anna lo sa, Paolo lo sa. Il mondo lo sa ed è solo questione di tempo prima che lei lo accetti. 

- La verità è che ti amo ancora – gli ha detto, una mattina, durante l’ennesimo litigio e la furia lo ha preso.

- La verità è che non penso che basti – le ha risposto Alessandro e non si sono più parlati per giorni. 

 

Alza per un istante la testa e scorge il suo  riflesso sille piastrelle lucide del bagno: un framment dello specchio gli ha graffiato una guancia e un rigolo rosso gli segna la pelle del viso. 

Sbuffa. È un codardo, è un perdente. Ha paura di amarla e anche solo di dirlo ad alta voce. Patetico. 

L’amore, dire a qualcuno di amarlo, è solo una scusa per intrappolare l altero. Non conta che sia quello che prova davvero. Davvero anna porrebbe amarlo? No. E neanche lui si ama. 

Lei lo ha sempre rimproverato di non dirle niente e di chiudersi nei suoi silenzi. Ora dovrebbe, dovrebbe dire qualcosa, ma comunqur non lo fa e sa di star perdendo, di nuovo, in partenza. 

L’ultimo litigio è stato terribile,. Si sono gridati di tutto e alla fine lei se ne è andata, lo ha lasciato lì, da solo, di nuovo. Alessandro si odia per essere così debole e patetico. 

“E con me Anna, tu hai ucciso anche quell’amore che dicevi di nutrire nei miei confronti e che forse stavo cominciando a capire. Stavo iniziando ad accettare.”

L’amore di lei lo faceva sentire vivo e ogni volta che gli diceva “ti amo”, Alessandro si sentiva un po’ meno spaventato e un po’ più colorato e vivo. Sentiva di esistere e di contare, per qualche istante, per qualcuno.

Lo sa che ann ha pianto e si sente un verme ancora di più. Non ricorda cosa le ha urlato, ma è sicuro che fossero cose orribili. 

Le ultime lacrime che forse verserà per lui. Di rabbia, di rancore, addirittura di odio. Alessandro potrebbe morire in quell’istante, tagliarsi le vene, ma è patetico e non lo fa. Non ha il coraggio di mettere fine a quella agonia. 

Si sente vuoto e impotente e comuqnur troppo spaventato per privare a fare qualsiasi cosa. 

 

Si chiede chi sia per Anna Alessandro, che cosa abbia visto in lui dal primo momento e cosa veda ora, nell’ultimo. 

È patetico, come patetica è la sua assurda ostinazione a rimanere lì impalato e a non andare a cercarla. Dopotutto ha il diritto di cercarla, di riprendersela, di strapparla di nuovo alla possibilità di essere frlice? Di tornare a essere una persona degna, con un compagno degno e una vita piena?

Non crede. È un incapace della peggiore specie e per lui non c’è via di scampo e neanche se la merita. Neè la salvezza, né anna. 

 

Eppure gli basterebbe solo muovere il culo e correrle dietro, fregandosene del loro passato, delle aspettative dei suoi, di ogni cosa.

 

 

Maledetta anna. È romantica e materna e dolce. Tutto quello che lui non è. Cosa se ne fa di un uomo come lui?  Perché dovrebbe volerlo ancora?

 

 

 

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902 parole

 

 

 

 

 

I ricordi di sua madre sono sempre avvolti da un’aura di candore e tenerezza e a Katara salgono immediatamente le lacrime agli occhi quando pensa a Kya, al modo affettuoso in cui le intrecciava i capelli o sgridava lei e Sokke, se bisticciavano.

Kya era una donna bella e mite, con gli occhi azzurri e la carnagione olivastra e nei suoi sogni, Katara riesce ancora a sentire il profumo di erba piperita e lavanda della sua pelle e un po’ il mondo le sembra meno buio. 

La sua è una famiglia di Nati Babbani. I suoi genitori, entrambi con il sangue un po’ sporco, si sono conosciuti a Hogwarts e, che da quando ne ha memoria, non si sono mai più lasciati. Una volta Kya le ha raccontato di come Hakoda l’abbia conquistata, ma lei era una bambina di appena quattro anni e non è riuscita a imprimersi nella mente le parole della madre. Non ricorda, per quanto si impegni e, quel poco che le è rimasto impresso, non è neanche sicura che sia vero e di non esserselo immaginato nel tempo, costruendo ricordi nuovi e un po’ confortevoli.

Quando sua madre è morta, Hakoda non ne ha mai più fatto parola, né di quel ricordo, né di altri e Katara non ha mai avuto il coraggio di chiedere. 

 

Sokka ha sette anni e Katara sei quando i Mangiamorte bussano alla loro porta. Sono ancora troppo piccoli, troppo ingenui, troppo innocenti per percepire il pericolo, ma in fondo al loro stomaco, nascosta tra le viscere, hanno la sensazione che stia per accadere qualcosa di orribile. 

Loro madre è bella, con i capelli tirati dietro la testa, in una crocchia affrettata e un po’ scomposta e il viso tirato in un sorriso che non tradisce il terrore per quello che verrà.

- Facciamo un gioco – sussurra piano, mentre qualcuno bussa alla loro porta e le pareti della casa tremano e si sconquassano, vittime di un incantesimo.

Li porta nel retro del suo laboratorio, in una stanza che nessuno dei suoi figli neanche sapeva esistesse. La porta è incantata e la donna mormora qualche parola che né Sokka, né Katara riescono a capire e i cardini cedono e si aprono. 

- Dovete rimanere qui – continua, mentre a Sokka inizia a colare il naso e gli occhi si fanno sempre più rossi. È sempre stato un bambino piuttosto intelligente – Andrà tutto bene, papà sarà a casa presto – continua e carezza le loro teste, prima quella di Katara e poi quella di Sokka. 

Nessuno dei due si lamenta per i capelli arruffati.

Quando Kya esce dalla stanza e la porta scompare dietro di lei, i bambini rimangono soli nel buio. Non sembra ci siano luci o candele, ma nessuno dei due quasi ci fa caso.

- Non devi avere paura – le dice Sokka, la voce rotta dal pianto e il viso paonazzo. Ora è l’uomo di casa e Katara è la sua sorellina. Deve essere forte.

Si rannicchiano in fondo alla stanza e la bambina si stringe a lui, gli artiglia il braccio e in una occasione diversa, Sokka si lamenterebbe per il dolore. 

Nessuno dei due emete un solo suono per tutto il tempo, un tempo lontanissimo. Rimangono in ascolto, sentono la porta di casa alla fine cedere con uno schianto terribile e il rumore di voci ovattate e lontane, che nessuno di loro riesce a riconoscere. Poi uno schianto, un altro, un altro ancora. Le pareti della stanza tremano – o sono loro a tremare?

L’ultima esplosione è la più terribile e poi niente più. Il silenzio torna e forse è quella la cosa più spaventosa. 

Nessuno più parla, niente si muove, neanche respirano. 

Rimanogono rinchiusi, al buio, con la paura anche solo di muoversi per un tempo lunghissimo. L’oscurità rende tutto più labile, più impalpabile. Né Sokka, né Katara sono in grado di dire per quanto tempo rimangono nascosti, rannicchiati, zitti. Minuti, ore, giorni, settimane. 

Quando la porta, alla fine, si apre e la figura alta e ben piazzata di loro padre si staglia davanti a loro, non c’è sollievo, non c’è gioia. Hakota li cerca a tentoni nel buio, li trova e li stringe. 

Katara non aveva mai visto suo padre piangere prima d’ora e mai più lo vedrà sorridere. 

 

Kya non c’è più e i Mangiamorte sono scomparsi nel nulla. 

 

 

*

 

 

 

Il giorno del suo undicesimo compleanno, Katara riceva una lettera da Hogwarts. Sa già di cosa di tratti, l’anno prima è toccato a Sokka, ma ne è comunque tanto euforica che qualcuno potrebbe giurare di averla vista correre per casa e ballare sfrenata, come presa dal morso di qualche gerbillo danzerino. Sua nonna l’ha rincorsa e l’ha abbracciata, in uno slancio di affetto di cui entrambe non la ritenevano più in grado. 

Katara è una strega, una strega come lo è stata sua madre, magica, incantata. Può di diritto vivere nel Mondo Magico, può imparare a incantgare gli oggetti e a difendersi. 

È quasi confortante la consapevolezza di non essere una creatura indifesa, di non doverlo essere più, di non doversi nascondere in silenzio, nel buio, mentre qualcuno ti fa scivolare tra le dita tutto quello che è il tuo mondo, la tua gioia, il tuo essere. 

Katara è una strega e a undici anni già ha ben in mente quale deve essere il suo scopo. Lo sa da anni ed entrare a Hogwarts è solo la riconferma di quanto il percorso che ha scelto sia davvero il suo. 

La vendetta è di qualche passo più vicina.

 

 

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1080 parole






 

 

 

 

 

Orfanotrofio del Tempio dell’Aria del Sud, 12 agosto

 

 

 

 

Il modo vibra e cambia, in un turbinio di colori, suoni e odori che non ha neanche mai immaginato potessero esistere. Il velo che separa il mondo Babbano da quello Magico cade e i suoi occhi smettono di essere ciechi, l’orfanotrofio smette di essere un posto spaventoso e grigio e, con la coda dell’occhio, intravede i colori sgargianti delle creature magiche che gli si avvicinano, che lo cercano, che lo osservano. 

Alla soglia dei suoi undici anni, ogni convinzione, ogni certezza cambia e lo stomaco gli si stringe tanto da togliergli il fiato. È un sogno, è possibile che sia un sogno?

- Tu sei un Mago, Aang – gli ripete Gyatso, mentre il ragazzino stringe tra le mani la carta gialla di una lettera scritta in eleganti volute grigie – Sei il mago, è il tuo destino – riprende, la voce pacata e rassicurante e il volto dalla pelle grinzosa tirato in un sorriso affettuoso. 

- Io sono solo un bambino – mormora Aang, con le mani che tremano un po’ e la voce ridotta a un bisbiglio quasi del tutto impercettibile. 

- Andrà tutto bene, non hai da temere – continua Gyatso, carezzandogli con affetto la sommità della testa – Adesso, ti andrebbe una fetta di torta? – 

Gyatso ha una teoria tutta sua e che, talvolta Aang e gli altri bambini condividono, ossia che qualsiasi problema o malumore può essere scacciato o affrontato con una buona fetta di crostata alla panna. Aang, però, in questo momento ha lo stomaco troppo in subbuglio per crederci ancora. 

 

 

Hogwarts, I anno, Sala Grande

 

La Sala Grande è davvero grande, una sala enorme, con quattro tavoloni lunghissimi, ghermiti di bambini e adolescenti dai cappelli a punta e con le divise nere della scuola. Aang non ha mai visto niente del genere e se ne sta con il naso per aria, osservando il soffitto a bocca aperta.

La Sala Grande è incantata, è magica, come tutta la scuola, come tutti loro. Il soffitto cambia e muta, trapuntato di stelle, con qualche piccola nuvola che appena si intravede e la luna piena che splende su di loro e si riflette ridicolmente sulla sua testa rapata. 

Aang è talmente assorto nel cielo, che quasi non fa caso al cappello incantato che canta per tutti i presenti, raccontando una storia lunghissima, che affonda le proprie radici nella storia stessa di Hogwarts, dei suoi fondatori e delle loro Case. Aang non è mai davvero stato portato per l’ascolto, con una mente troppo sfarfallante per riuscire a focalizzarsi su una sola cosa per volta. Però, ehi, quel cappello parla!

I bambini del primo anno sfilano uno dietro l’altro, più vicini del dovuto, come a volersi fare coraggio l’uno con l’altro, anche se a malapena di sono rivolti la parola sul treno o sulle barchette incantate che hanno fatto loro attraversare il lago e arrivare alla scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. 

Il Cappello Parlante è vecchio e un po’ lercio, con le estremità della falda usurati e la punta rattoppata con una stoffa più chiara del resto. È un oggetto – una creatura – spaventoso, che si poggia sul capo del malcapitato e scruta nella sua mente, nei suoi segreti, nei suoi sogni, fino a carpirne l’indole e i segreti più nascosti, per poi decretare a pieni polmoni – ha i polmoni’ – il destino di chi lo indossa. 

Tassorosso! – strilla e la ragazzina sotto di lui sembra un po’ stordita e ci mette qualche secondo di troppo a scendere dallo sgabello, rimettersi in piedi e raggiungere il tavolo di Tassorosso. 

Aang si chiede se, quando il Cappello Parlante calerà sulla sua testa, scoprirà che è un impastore, che è lì per un errore e se lo cacceranno via. Lo stomaco gli si attorciglia e il soffitto trapuntato di stelle smette di avere qualsiasi attrattiva.

Uno dopo l’altro i primini affrontano la propria sorte e vengono smistati nelle rispettive Casa, chi con più, chi con meno coraggio. A ogni ragazzino che raggiunge i suoi nuovi compagni, Aang si sente sempre più con un piede nella fossa e la testa gli gira un pochino di più.

Quando arriva il suo turno, il piccolo monaco dell’Aria è bianco come un cencio.

“Cosa abbiamo qui” sussurra il Cappello Parlante alla sua mente ed Aang trasale. “Monaco dell’Aria, non se ne vedono molti in giro, sai, ragazzo?” continua il cappello e Aang si chiede se stia parlando solo con lui o se possa sentirlo tutta la Sala.

“Lo avevo immaginato, signore” farfuglia Aang, suscitando il rispo nel cappello. 

“Nessuno mi aveva mai chiamato così, giovane monaco” dice e la voce è un po’ più forte, più divertita “Dunque, cosa dovrei farci io con te? Vedo… vedo un grande potenziale, un buon cuore, una grande intelligenza, poca aspirazione, ma grande potere.” fa una pausa che ad Aang sembra lunghissima e poi, finalmente, si decide a continuare “Davvero difficile.”

“Non mi mandi via, signor Cappello” 

“Mandarti via, giovane monaco? Impossibile. Tu sei il bambino della profezia, un grande mago” gli confida “Il mago che nasce una volta sola per vita e che può esercitare la magia dei quattro elementi”

Aang è un po’ troppo trastornato per pensar di chiedere a quale profezia il Cappello Parlante si stia appellando. 

Difficile davvero. Tassorosso è adatto all’indole di un monaco; i Tassorosso sono fedeli e gentili, creature laboriose e serene. I Corvonero ricercano la conoscenza, robusti e fermi. Serpeverde può offrirti il potere e le conoscenze giuste per piegare il Mondo Magico al tuo volere”

“Io non voglio piegare il Mondo, signore”

“Bene, allora forse Serpeverde non è la tua Casa. Ne sei sicuro? Un così grande potere sprecato” non aspetta che Aang neanche annuisca e continua “Grifondoro. Grifondoro, leali e coraggiosi, per avventure spericolate e amici per tutta la vita”.

Aang freme alla parola amici, ma non osa dir alcunché.

Tutta la sala lo fissa, i bambini in fila bisbigliano tra di loro e spostano il peso da un piede all’altro, presi dall’agitazione e dalla stanchezza, gli altri presenti sono divisi tra la curiosità e la fame. Alcuni spostano lo sguardo desolato da Aang al piatto ancora vuoto. 

Grifondoro – grida alla fine, senza alcun preavviso, il Cappello Parlante e Aang sussulta e il tavolo di Grifondoro esplode in una ovazione.

Aang scende lesto e rapido dallo sgabello e raggiunge il proprio tavolo che passo leggero e impercettibile di chi sa camminare nell’aria. 

 

*

 

 

La sera, steso nel proprio letto, un po’ Aang si chiede se il cappello parlante non abbia tirato a sorte. 

 

 

 

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 Esercizi di diario di ricognizione. 

M5 – Pioggia – 1762 parole 

 

 

 

 

 

BUFALA CANCELLO, LOTTO 1

LOCALITÀ: Sarchiapo Sud - Est

CARTOGRAFIA DI RIFERIMENTO: 

Foglio IGM:

Coordinate:

TIPOLOGIA: frammenti fittili sparsi

DATAZIONE: parrebbe non essere possibile individuare un momento

VISIBILITÀ: buona

DESCRIZIONE: Il lotto 2 è delimitato a ovest da un canale per lo scolo dell’acqua.

Il terreno (10 ettari), con una matrice di colore marrone, plastica, caratterizzato da alcuni canali per lo scolo dell’acqua con andamento est-ovest, nell’ambito dell’indagine topografica ivi condotta si presentava privo di manto erboso, arato a zolle di medie dimensioni e pertanto in condizioni di buona visibilità.

La ricognizione di superficie ha permesso l’individuazione di frammenti fittili sparsi e di alcuni laterizi, concentrati maggiormente sul limite sud del lotto 1.

La pioggia ha reso difficoltoso il riconoscimento degli sttati e dei limiti, rendendo poco profiqua la battuta. 

 

BUFALA CANCELLO, LOTTO 2

LOCALITÀ: Cancello Arnone

CARTOGRAFIA DI RIFERIMENTO: 

Foglio IGM:

Coordinate:

TIPOLOGIA: frammenti fittili sparsi

DATAZIONE: (?)

VISIBILITÀ: buona

DESCRIZIONE: Il lotto 2 è delimitato a nord da un canale per lo scolo dell’acqua .

Il terreno (8 ettari circa ?), con una matrice di colore marrone, plastica, caratterizzato da alcuni canali per lo scolo dell’acqua con andamento est-ovest, nell’ambito dell’indagine topografica ivi condotta si presentava privo di manto erboso, arato a zolle di medie dimensioni e pertanto in condizioni di buona visibilità.

La ricognizione di superficie ha permesso l’individuazione di frammenti fittili sparsi.

Si riporta un dato divertente. La pioggia dei giorni precedenti ha reso il terreno gangoso. Gli operatori hanno perso le scarpe più volte.

 

BUFALA CANCELLO, LOTTO 3

LOCALITÀ: Sarchiapo Sud - Est

CARTOGRAFIA DI RIFERIMENTO: 

Foglio IGM:

Coordinate:

TIPOLOGIA: frammenti fittili sparsi

DATAZIONE: tardo imperiale

VISIBILITÀ: buona

DESCRIZIONE: Il lotto 3 è delimitato a nord da una casupola. 

Il terreno (8 ettari circa ?), con una matrice di colore marrone, plastica, caratterizzato da un canale di scolo delle acque con andamento est-ovest, nell’ambito dell’indagine topografica ivi condotta, si presenta privo del manto erboso, arato a piccole zolle e pertanto in condizioni di buona visibilità. 

La ricognizione di superficie ha permesso l’individuazione di alcuni frammenti fittili e di una fusaiola in ceramica di corpo globulare, ritrovata sul l’estremità nordorientale del Lotto 3.

Il terreno sembra essere bisognoso di un nuovo sopralluogo, data la pioggia.

 

BUFALA CANCELLO, LOTTO 4

LOCALITÀ: Sarchiapo Sud - Est

CARTOGRAFIA DI RIFERIMENTO: 

Foglio IGM:

Coordinate:

TIPOLOGIA: frammenti fittili sparsi

DATAZIONE: orientativamente III d. C

VISIBILITÀ: buona

DESCRIZIONE: Il lotto 4 è delimitato a ovest dalla presenza di un nucleo di edifici a carattere rurale. 

Il terreno (16 ettari, con una matrice di colore marrone, molto plastica, caratterizzato da canali di scolo dell’acqua con andamento est-ovest, nell’ambito della indagine topografica ivi condotta si presentava privo di manto erboso, arato a grandi zolle e pertanto in condizioni di buona visibilità.

L’indagine di superficie ha permesso l’individuazione di alcuni frammenti fittili sparsi. 

 

BUFALA EST

LOCALITÀ: Sarchiapo Sud - Est

CARTOGRAFIA DI RIFERIMENTO: 

Foglio IGM:

Coordinate:

TIPOLOGIA: frammenti fittili sparsi

DATAZIONE: (?)

VISIBILITÀ: buona

DESCRIZIONE: Il lotto è di forma irregolare. 

Il terreno (10 ettari circa) presenta una matrice di colore marrone e di consistenza plastica ed è caratterizzato da canali di scolo delle acque che lo tagliano orizzontalmente e verticalmente. Nell’ambito dell’indagine topografica ivi condotta, Bufala Est si presenta arato, con zolle di medie dimensioni e privo di manto erboso e pertanto in condizioni di buona visibilità. 

La ricognizione di superficie ivi condotta ha permesso l’individuazione di pochi frammenti fittili, omogeneamente dispersi nel lotto. 

Le piogge hanno reso difficoltosa la ricerca. 

 

BUFALA NORD

LOCALITÀ: Sarchiapo Sud - Est

CARTOGRAFIA DI RIFERIMENTO: 

Foglio IGM:

Coordinate:

TIPOLOGIA: frammenti fittili sparsi

DATAZIONE: II d. C.

VISIBILITÀ: buona

DESCRIZIONE: Il lotto, delimitato a nord da un casolare rosa pesca.

Il terreno (28 ettari circa) ha una matrice di colore marrone, di consistenza molto plastica, con un andamento regolare e presenta canali di scolo delle acque orientati est-ovest. Nell’ambito delle indagini topografiche ivi condotte, esso è risultato seminato, con una bassissima vegetazione spontanea in prossimità dei canali di scolo delle acque; ha una buona visibilità.

La ricognizione di superficie ha permesso l’individuazione di frammenti fittili sparsi e di concotto, localizzato maggiormente sul lato est del limite nord del lotto. 

 

 

BUFALA SEPONI, LOTTO 1

LOCALITÀ: Sarchiapo Sud - Est

CARTOGRAFIA DI RIFERIMENTO: 

Foglio IGM:

Coordinate:

TIPOLOGIA: frammenti fittili sparsi

DATAZIONE: orientativamente epoca medievale

VISIBILITÀ: disomogenea

DESCRIZIONE: Il lotto 1 è delimitato a nord da un nucleo di edifici a carattere agricolo e a ovest da un grande canale per lo scolo delle acque.

Il terreno (circa 16 ettari), caratterizzato da alcuni canali per lo scolo delle acque, nell’ambito dell’indagine topografica ivi condotta si presenta lavorato parzialmente: nella porzione nord, per circa un terzo della sua lunghezza, è arato a piccole zolle ed è in una condizione di buona visibilità; nella restante parte del campo, è incolto, con una vegetazione spontanea alta e fitta che rende impossibile l’individuazione di eventuali materiali. 

La ricognizione di superficie ha permesso l’individuazione di alcuni frammenti fittili sparsi, concentrati nella porzione nord del campo. 

 

BUFALA SEPONI, LOTTO 2

LOCALITÀ: Sarchiapo Sud - Est

CARTOGRAFIA DI RIFERIMENTO: 

Foglio IGM:

Coordinate:

TIPOLOGIA: terreno incolto

DATAZIONE: II a. C

VISIBILITÀ: pessima

DESCRIZIONE: Il lotto 2 è delimitato a nord dal lotto 1, a est e a sud da due grandi canali per lo scolo delle acque.

Il terreno (10 ettari circa) ha un andamento omogeneo e presenta alcuni canali per lo scolo delle acque con orientamento nord-sud. Nell’ambito dell’indagine topografica ivi condotta, Bufala Seponi, Lotto 2 si presenta incolto, con una fitta e alta vegetazione spontanea, che ne ha compromesso la visibilità. 

La ricognizione di superficie ha permesso l’individuazione di due frammenti fittili. 

 

BUFALA SUD

LOCALITÀ: Sarchiapo Sud - Est

CARTOGRAFIA DI RIFERIMENTO: 

Foglio IGM:

Coordinate:

TIPOLOGIA: terreno agricolo

DATAZIONE: ND

VISIBILITÀ: pessima

DESCRIZIONE: Il lotto, delimitato a sud da una graziosa struttura coloniale su tre livelli e da una strada sterrata a nord.

Il terreno (10 ettari circa), con un andamento omogeneo ed è caratterizzato da due canali per lo scolo delle acque orientati nord-sud, nell’ambito dell’indagine topografica ivi condotta si presenta incolto, con un’alta e fitta vegetazione spontanea che ne ha compromesso la visibilità. 

La ricognizione di superficie ivi condotta non ha restituito materiali. 

 

 

 

CASTELLUCCIO

LOCALITÀ: Sarchiapo Sud - Est

CARTOGRAFIA DI RIFERIMENTO: 

Foglio IGM:

Coordinate:

TIPOLOGIA: frammenti fittili sparsi 

DATAZIONE: I a. C – I d. C

VISIBILITÀ: buona

DESCRIZIONE: Il lotto è delimitato sul lato nord dalla strada provinciale 333; a est da una azienda zootecnica. 

Il terreno (17 ettari circa) ha una matrice di colore marrone, di consistenza compatta, con un andamento regolare e presenta canali di scolo delle acque con orientamento E-O. Nell’ambito delle indagini topografiche ivi condotte, esso è risultato seminato nella parte nord e ha restituito dei materiali fittili; a circa metà del campo, nella parte sud, il lotto si è presentato arato a piccole zolle e è stata rilevata la presenza di materiali antichi o moderni. Il terreno ha una buona visibilità. 

La ricognizione di superficie ha permesso l’individuazione di alcuni frammenti fittili sparsi di piccole e piccolissime dimensioni. Sono stati prelevati dei campioni. 

 

 

CORVO

LOCALITÀ: Sarchiapo Sud - Est

CARTOGRAFIA DI RIFERIMENTO: 

Foglio IGM:

Coordinate:

TIPOLOGIA: frammenti fittili sparsi 

DATAZIONE: età imperiale- tardoantica

VISIBILITÀ: buona

DESCRIZIONE: Il lotto è delimitato sul lato S-E da un cavalcavia.

Il terreno (10 ettari circa) ha una matrice di colore marrone, di consistenza compatta, con un andamento regolare. Nell’ambito delle indagini topografiche ivi condotte, esso è risultato incolto, con vegetazione spontanea. La visibilità è buona.

La ricognizione di superficie ha permesso l’individuazione di un frammento di selce ritoccata e numerosi frammenti fittili sparsi: ceramica protostorica, ceramica comune, sigillata, laterizi. I materiali erano sparsi omogeneamente per l’intero lotto e sono stati lasciati per larga parte sul posto. Si sono prelevati alcuni campioni. 

 

 

ISOLA DEL SOLE

LOCALITÀ: Cancello ed Arnone (CE)

CARTOGRAFIA DI RIFERIMENTO: 

Foglio IGM:

Coordinate:

TIPOLOGIA: frammenti fittili sparsi 

DATAZIONE: IV d. C

VISIBILITÀ: buona

DESCRIZIONE: Il lotto è delimitato sul lato sud da un canale per il deflusso delle acque e su quello est da un canale e dai binari della rete ferroviaria. 

Il terreno (circa due ettari, ma il terreno è irregolare e poco chiaro) ha una matrice di colore marrone, di consistenza plastica, con un andamento regolare e presenta canali di scolo delle acque con orientamento N-S. Nell’ambito delle indagini topografiche ivi condotte, esso è risultato incolto, con una bassa vegetazione spontanea. La visibilità è buona. 

La ricognizione di superficie ha permesso l’individuazione di alcuni frammenti di ceramica e di laterizi sparsi di piccole e piccolissime dimensioni. Sono stati prelevati dei campioni. 

Le piogge rendono necessario un altro sopralluogo. Il morale è basso, ma toccherà tornarci. 

 

 

 

 

 

 

TRONARA GRANDE NORD

LOCALITÀ: Cancello ed Arnone (CE)

CARTOGRAFIA DI RIFERIMENTO: 

Foglio IGM:

Coordinate:

TIPOLOGIA: terreno agricolo

DATAZIONE: II d.C

VISIBILITÀ: buona

DESCRIZIONE: Il lotto è delimitato sul lato S-O da una casa in costruzione e nel lato N-O da un canale per il deflusso delle acque e da una strada asfaltata. 

Il terreno (all’incirca 16 ettari, di forma rettangolare e di facile perlustrazione da parte degli operatori) ha una matrice di colore marrone, di consistenza molto compatta, con un andamento regolare e presenta canali di scolo delle acque con orientamento N/O-S/E. Nell’ambito delle indagini topografiche ivi condotte, esso è risultato arato a piccole zolle, con una bassa vegetazione spontanea in prossimità dei canali per il deflusso delle acque; la visibilità è buona.

La ricognizione di superficie ha permesso l’individuazione di alcuni frammenti fittili sparsi.

Ha iniziato a piovere, i ragazzi sono infangati e stanchi. Bisognerà tornare. 

 

TRONARA PICCOLA

LOCALITÀ: Cancello ed Arnone (CE)

CARTOGRAFIA DI RIFERIMENTO: 

Foglio IGM:

Coordinate:

TIPOLOGIA: frammenti fittili sparsi

DATAZIONE: arcaica - classica

VISIBILITÀ: buona

DESCRIZIONE: Il lotto è delimitato sul lato N-E da un canale per il deflusso delle acque e da una fila di alberi; sul lato N-O da un altro canale e da dei tralicci per la corrente. 

Il terreno (circa 16 ettari in totale) ha una matrice di colore marrone, di consistenza compatta, con un andamento regolare e presenta canali di scolo delle acque orientati N/O-S/E. Nell’ambito delle indagini topografiche ivi condotte, esso è risultato arato, con macchie di bassissima vegetazione spontanea in prossimità dei canali di scolo delle acque; ha una buona visibilità.

La ricognizione di superficie ha permesso l’individuazione di alcuni frammenti fittili sparsi e di un numero significativo di concotto (di cui sono stati prelevati alcuni campioni).

 

 

Si sottolinea che il maltempo ha reso difficoltosa la stesura di questo elaborato e che, anche con le migliori intenzioni, si dovrà tornare sul campo per ulteriori controlli. Pregate per le nostre scarpe, amici!

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 531 parole – M3

 

 

 

I Babbani sono creature diaboliche. Idioti fino al midollo, incapaci di vedere a un palmo dal proprio naso, di scorgere la magia e il Mondo Magico, ma ugualmente diabolici. 

Regulus è cresciuto con i racconti della sua famiglia, sui Babbani che danno la caccia alle streghe, sui roghi e le atrocità commesse da questi esseri inferiori contro il Mondo Magico e il sangue puro. 

Il mondo Babbano è strano e Regulus spesso si sofferma a riflettere sul fatto che sia totalmente fuori dalla portata della sua mente e della sua comprensione. 

Il problema non si è mai posto particolarmente, finché non ha incontrato Marlene McKinnon. Poi, da quel momento in poi è diventato solo una serie di stravaganze e novità che ha dovuto assorbire come una spugna e immagazzinare nel suo cervello, lottando contro la sua parte più intima e orgogliosa, che gli ripeteva che fosse sbagliato e stupido e inutile che i Babbani fossero diaboliche creature vestite con la stessa carne dei Maghi. Marlene, però, è graziosa e allegra, con i capelli crespi e biondi e un naso lentigginoso e troppo lungo. 

Stando con Marlene ha scoperto l’esistenza della televisione, una scatola rumorosa e colorata che proietta immagini colorate, storie e notizie – un po’ a Regulus piace anche, ma ammetterlo sarebbe un delitto contro il suo stesso sangue; ha scoperto l’esistenza del tostapane, una scatoletta che tosta le fette di pane e qualunque altra cosa gli venga messa all’interno.

 

(- Mi odia – le dice e osserva quella diavoleria come se fosse il più acerrimo dei suoi nemici, preso in un duello all’ultimo sangue.

- Regulus – lo riprende lei, con la voce di chi sa a cosa sta per andare in contro e che è diviso tra il divertimento e l’essere esausto – non odia nessuno, è un elettrodomestico-

- Ti dico che mi odia- continua il Purosangue – Guarda, lo vedi? Senti il rumore? Mi odia senza alcuna ombra di dubbio –

- È un tostapane, per l’amor del cielo – 

- Ti dico che mi odia – 

Il pop del tostapane li interrompe e lì, in bella mostra, c’è la prova di quanto lui dice.

- Vedi, ecco? – articola, con una ridicola enfasi nella voce – Lo ha fatto di nuovo-

- Regulus – Marlene si massaggia le tempie, forse sull’orlo del pianto – Se non sei in grado di non dare fuoco alla cucina per tostare del pane, non c’è una congiura babbana dietro l’angolo. Sei sono incapace.- 

- Io sono un Black!- 

- Appunto)

 

Regulus ha scoperto l’esistenza di una infinità di congegni stravaganti e diabolici di cui non ha mai immaginato l’esistenza. Ogni giorno, una nuova scoperta, un nuovo pensiero, un nuovo problema.

- Sei sicura che non sia pericoloso?- 

- Certo-

- Sei sicura di sapere dove stiamo andando? –

- Certo –

- Sei sicura che questo affare non si schianterà da nessuna parte? –

Merlino –

- Se ci fossimo smaterializzati, saremmo già arrivati – continua, sicuro di aver preso la situazion in pugno.

- Certo, ma non avremmo potuto goderci questa spelndida chiacchierata – lo rimbecca lei, con una nota per niente velata di sarcasmo nella voce. 

La metropolitana di Londra è un dedalo di tunnel e passaggi e sottopassaggi. Mentre osserva fuori dal finestrino, in una oscurità senza fine, Regulus si chiede se quello non sia il suo ultimo giorno. 

 

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 M3 – 685

 

 

 

 

Achille è bello, con la pelle dorata dal sole e i capelli del colore del grano maturo. A distanza di giorni, anni, epoche, vite, a Patroclo si asciuga ancora la bocca ogni volta che i loro occhi si incrociano. 

Esistono e si rincorrono nei secoli, nei mondi. Quello che li circonda cambia, i volti mutano, le figure di assottigliano e crescono, ma la pelle e i capelli e le anime rimangono le stesse. Immutati nel tempo, scritte nella storia, marchiati nello spirito, sotto la pelle, nella carne, nelle ossa, nel sangue.

 

La prima volta che hanno fatto un viaggio, che hanno affrontato una missione, era un carretto di legno sbilenco che li ha portati dal palazzo al villaggio vicino, per salvare una fanciulla o punire un malfattore. Patroclo non ricorda, è accaduto vite fa. Solo l’oro dei capelli del principe e la pelle abbronzata dal sole gli sono rimasti nella mente. Vivido, invece, nelle menti di entrambi è il viaggio verso Troia. I giorni infiniti a scrutare il mare e a sfiorarsi con la punta delle dita, a cercare il calore dell’altro, la pelle, la carne, in una attesa dolorosa e frenetica.

Il viaggio della loro vita – della prima di molte – che si prestava a diventare leggenda. In quei giorni i capelli di Achille erano diventati più lunghi, increspati dalla salsedine del mare e di notte, nel loro giaciglio, quando i compagni non potevano vederli, Patroclo trascorreva ore di tenerezza troppo brevi a intrecciarglieli e a disfarli e a intrecciarli ancora, come sua madre era solita fare con lui quando era fanciullo. 

La guerra, poi, aveva falciato le loro vite, strappato la carne, dilaniato lo spirito. Anime inquiete che si erano separate a forza e a forza avevano scavato tra le viscere dell’oltretomba per ritrovarsi, per amarsi, per carezzarsi.

 

Il viaggio è diventato la costante delle loro nuove vite. Di ogni vita. Il nascere, crescere, ricordare e poi cercarsi. Trascorrerle le proprie esistenze sospesi nel nulla, in cerca dell’altro. 

Il primo a ricordare è sempre Patroclo, ma è Achille a trovarlo per primo. L’istinto divino gli è rimasto attaccato addosso, alla carne, allo spirito. Per quanto Patroclo si affanni, si danni, si pieghi e si disperi, invocando in ogni epoca un dio diverso, Achille lo trova, senza neanche cercarlo. Senza rendersene conto.

Intraprendono un viaggio che li unisce e che li divide al tempo stesso. Lo stesso spirito in corpi diversi, che si cercano e si desiderano fino alla fine del tempo.

Vedono il mondo cambiare, evolversi, ingigantirsi. Le Colonne di Ercole vengono valicate, i confini del mondo, dell’universo vengono raggiunti e superati mille volte. 

Le strade mutano, da linee di terra battuta, a basoli composti e ordinati, a lunghe strisce di asfalto grigio e freddo. Si adattano alle circostanze, ai viaggi, agli spazi che cambiano. Ai veicoli. Salire su una carrozza, su un treno, su un’automobile o una bicicletta è strano e normale allo stesso tempo.

I loro stessi della prima vita irrompono talvolta, stupendosi ancora di un mondo nuovo e al tempo stesso vecchio.

 

 

*

 

Patroclo ha ventitré anni e l’aspetto di un ragazzino dalla pelle cioccolato e i capelli tinti di rosa, con un giubbotto troppo largo e lo sguardo perso nel tempo. Viaggia, viaggia come ha fatto in altre dieci, cento, mille vite. Ora su un treno, diretto in una città vicina, che l’istinto gli ha suggerito essere quella giusta. Viaggia, seduto su un sedile scomodo e dalla stoffa lercia e macchiata. Fuori dal finestrino il paesaggio cambia e scorre e si alterna e lui neanche lo vede, immerso in un ragionamento senza capo né coda. Ripercorre nella propria mente un ricordo che credeva di aver perduto, di una coppia di occhi azzurri e di capelli biondi 

Quando il controllore si piega su di lui, lo scuote e i loro occhi si incontrano, e con una punta di irritazione che realizza di aver perso la sfida un’altra volta. 

- Ti ho trovato. Io. Di nuovo – gli sussurra Achille, i capelli chiari nascosti dal berretto e la targhetta metallizzata che riflette la luce del sole - Biglietto, prego – 

Per ora il viaggio è finito. 

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La strada sfreccia fuori dal finestrino, in un miscuglio non troppo definito del verde degli alberi e del grigio dell’asfalto. Ogni tanto si intravede una segnaletica blu o il profilo poco aggraziato di qualche vecchia casa. 

Il paesaggio è completamente diverso rispetto a quello a cui sono abituata, anche se ogni tanto vedo un edificio o un cartello familiare. Sono anni che non torniamo in molise, forse anche dieci. Con il trascorrere del tempo, i viaggi di famiglia, in auto o con altri mezzi di trasporto, si sono assottigliati, fino quasi a scomparire. Trascorrere Pasqua con la zia e le cugine di Campobasso, che era una abitudine dell’infanzia, ha iniziato a diventare un obbligo e poi un castigo, tanto che  un anno non ci siamo andati perché mio padre non stava bene, un altro io l’ho mancato per una Pasquetta con gli amici, un altro ancora neanche ne ricordo il motivo, fino a che quell’occasione di ritrovo familiare è diventata solo un ricordo sbiadito di quando ero ragazzina.

L’abitacolo della macchina è addirittura diventato troppo piccolo per contenerci tutti, con i miei genitori che nella vecchiaia si sono lasciati andare, allargandosi e sformandosi, e i miei fratello, un tempo piccoli e mingherlini, sono diventati alti, con le gambe lunghe e le spalle troppo larghe. Viaggiare in auto è ormai scomodo e stressante e mi devo schiacciare contro lo sportello dell’auto, con la testa quasi fuori al finestrino, nel tentativo disperato che il vento sul viso lenisca un po’ la nausea data dal movimento del veicolo.

Sono appena due ore e mezza di viaggio, ma è triste e spiacevole. Una serie di litigi e frecciatine, con il paesaggio che scorre fuori dal finestrino e la musica di sottofondo, impostata su una stazione vecchia e che dà musica che nessuno di noi conosce. 

I rapporti a casa sono peggiorati. Siamo diventati adulti e i miei genitori vecchi. Non trascorriamo una domenica tutti insieme da non ricordiamo quando – una volta adolescenti, i miei hanno deciso di tenere aperto il locale anche la domenica, un po’ per lavorare di più, un po’ per fuggire dall’aria pesante e avvilente della casa.

Il viaggio è triste e spiacevole, perché chiusi dell’abitacolo non possiamo più fingere di non riconoscerci più, di sapere a malapena cosa faccia l’altro e di non aver più niente di cui parlare.

Si fanno i soliti discorsi di routine, si bisticcia per il poco spazio, per la musica troppo alta, per l’ennesima frecciatina sul peso o sull’inconcludenza della mia esistenza. Vorrei fuggire da questo viaggio faticoso e pesante, che porta a galla malumori celati da tempo, nascosti nei ricambi del tempo. 

Mi manca l’aria e inghiotto un po’ di saliva, per poi umettarmi le labbra e reclinare la testa all’indietro. 

- Manca molto? – chiedo, un po’ perché mi sento soffocare da tutta questa situazione così pesante, un po’ perché il silenzio è strano e insopportabile. 

- Siamo quasi a Isernia – risponde mia madre. Neanche si volta a guardarmi. 

- Ancora una quarantina di minuti – riprende mio padre e poi più nulla. 

Mio fratello minore è seduto nel mezzo, le gambe divaricate per le ginocchia piegate verso l’alto per entrare a forza nell’auto. Si è messo le cuffie e si è estraniato dal mondo già da un po’, messaggiando con la fidanzata.

Fuori il paesaggio cambia, il verde si fa più intenso e il cielo più grigio. L’auto prende l’ennesima curva e lo stomaco mi si rivolta. 

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La pelliccia di Appa è soffice e odora di muschio e foglie e umidità – più un retrogusto pungente e unico che ha sentito solo su di lui. Viaggiare sul dorso del bisonte volante è piacevole e pigro, con l’aria che sferza loro il viso e si insinua nelle pieghe della veste e scompiglia i capelli. 

La prima volta che Toph è salita sull’animale, aveva dodici anni, e ne è rimasta terrorizzata. Il mondo ha smesso di avere forma, forza, materia, e si è sentita fragile e cieca per la prima vera volta nella sua esistenza.  Ora che è una donna adulta, quasi anziana, è un’abitudine he non le crea più alcun disturbo. 

Ha trascorso sul dorso del suo amico alcune delle avventure più incredibili, dei momenti più belli, con le persone che ha amato di più. Lo ricorda con un misto di dolore e affetto e carezza piano la testa dell’animale, in quello che vuole essere un gesto rassicurante per Appa, ma che lascia tutti un po’ vuoti e un po’ tristi. 

Alla soglia dei cinquant’anni fanno quel viaggio che non sono mai riusciti a fare da ragazzi, ma non ha niente di avventuroso o elettrizzante. È solo triste e vuoto e sono entrambi troppo vecchi e troppo stanchi per gorderlo. 

Zuko siede al suo fianco, con i vestiti che gli si gonfiano per il vento e la postura severa e regale di chi è nato per comandare una nazione, ma si è ugualmente dovuto guadagnare quel diritto. È vecchio e stanco, con la pelle cadente e i capelli ingrigiti dal tempo. Ha perso l’euforia della sua adolescenza, la grinta dell’età adulta, l’abitudine di blaterale nei momenti in cui si sente più fragile. La vecchiaia e le perdite lo hanno pian piano piegato, anche se non è ancora pronto ad ammetterlo. Lo sente nelle ossa, nella carne, nello spirito, ma non gli è concesso dirlo ad alta voce. Lui lo sa, i suoi amici lo sanno, Toph lo sa, lo ha avvertito dal modo in cui poggia i piedi a terra, nel battito affievolito del suo cuore, nel tremore impercettibile della voce nel momento in cui le ha proposto quel viaggio. 

Rimangono in silenzio per un tempo lunghissimo, cullati dal movimento di Appa e quasi i loro occhi calano e si appisolano. La vecchiaia, lo scorrere del tempo, la lontananza hanno affievolito il loro rapporto, portando via pezzi di loro e al tempo stesso anche i ricordi. 

 

Zuko, da ragazzo, ha fatto un viaggio in solitaria con ognuno dei suoi amici. Prima Aang, poi Sokka e in fine Katara. Toph ne è rimasta esclusa e contrariata e uno Zuko poco più che diciassettenne le ha promesso che un giorno anche loro avrebbero avuto la propria avventura. Il tempo poi è passato, i corpi si sono appesantiti, i doveri moltiplicati e Toph lo ha dimenticato, come inizia a dimenticare tante altre cose, anche se stessa. 

A quasi ottant’anni, Zuko, però, lo ha ricordato. Ha ricordato la parola data e l’ha mantenuta. E sono partiti, per l’ultimo viaggio della loro esistenza, con sotto di loro un bisonte volante che non è Appa – ma Toph ha dimenticato anche questo – e il tempo della vita che sta per arrivare al termine. 

 

- Mi avete mentito – gli dice la sera, con un tono un po’ accusatorio e un po’ infantile, e Zuko per un secondo la rivede ragazzina, con i vestiti impolverati e i capelli arruffati. 

- Cos- il fuoco scoppietta pigro davanti a loro e il piccolo accampamento di fortuna che hanno allestito si tinge di una luce rossa e spettrale. 

- Viaggiare con te non è così spassoso- 

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 M3 – 641 parole

 

 

 

I giorni sono tutti uguali. Il sole si alza, cresce, percorre la sua parabola e lentamente muore per fare spazio alla notte. Un susseguirsi di azioni tutte uguali, vuote, di cui perdo la memoria e che faccio meccanicamente, in una vita grigia e angosciante.

Alla soglia dei trent’anni non ho uno scopo, un obiettivo, vedo i miei amici pian piano raggiungere i propri obiettivi, crearsi il proprio mondo, le proprie soddisfazioni. Uno è andato a vivere all’estero, ha vinto il dottorato e fa il lavoro che ha sempre voluto fin da quando eravamo bambini; un’altra si è laureata con i massimo dei voti anche se a scuola era una pippa; Sara ha trovato l’amore della propria vita e si è trasferita in spagna per seguire i propri sogni; due vivono in veneto e lavorano; Marco convive col compagno e parlano di mettere su famiglia; Pasquale e Anna si sono sposati l’anno scorso; Sonia e Iacopo progettano il matrimonio; Chiara lavora in banca; Giulia segue i cantieri in provincia di caserta e si è aperta una cooperativa che le permette di non morire solo per lavorare e mantenere la casa. 

Alla soglia dei trent’anni stento a trovare il mio posto del mondo, con un diploma preso per miracolo e una tesi triennale che sto scrivendo da undici mesi e che non mi dà gioie e mi sta letteralmente togliendo la pelle di dosso, su un argomento che non mi interessa e  alcuna prospettiva di ricerca futura; alla soglia dei trent’anni vivo ancora con i miei genitori, facendo un lavoretto saltuario nel weekend e alcuna indipendenza economica. Non posso più viaggiare, un po’ per la mancanza di soldi, un po’ per il covid, un po’ perché i miei amici sono tutti impegnati o fuori. 

Vedo il mondo scivolare fuori dal finestrino e rifletto su una esistenza che non vale niente. Non ho fatto niente, non ho visto niente, non vedrò niente. Finirò a lavorare nel locale dei miei genitori, con i miei fratelli che stanno per terminare brillantemente i loro studi e i miei che non si aspettano altro da me se non che, per miracolo, riesca a prendere le briglie dell’attività di famiglia. E dovrei anche ritenermi fortunata di averla, una attività di famiglia, perché altrimenti sarei davvero fottura. 

Il treno si ferma e vedo una coppietta abbracciarsi e salutarsi, un bacio, una carezza frettolosa, un ultimo augurio, un’ultima promessa. Lo stomaco si stringe.

Una cosa sembrava andare bene quest’anno, una piccola gioia coltivate e nascosta dietro i bordi della mia infelicità. Questa estate ho conosciuto una persona, è gentile, è dolce e sembra non vedere i fallimenti che mi porto dietro e che mi trascinano via. 

Le porte del treno si chiudono e stringo il tessuto plastificato del sediolino, mentre una vecchia dall’altro lato del vagone si abbassa la mascherina e beve un sorso d’acqua. 

Guardo il paesaggio fuori dal finestrino cambiare e conto le fermate. Viaggiare in treno mi è sempre piaciuto, è rilassante e piacevole. Viaggiare mi è sempre piaciuto, prima, ma ora ha quel sapore amaro e infelice che precede un grande dolore. Lo so quello che succederà, quello che mi aspetta. Lo sto andando a trovare, perché non ci vediamo da quasi un mese. Lo sto andando a trovare per rivederlo e strare insieme ed essere un po’ più felici, ma lo so che non è vero. Mente quando mi rassicura che va tutto bene, ma lo so che stiamo per lasciarci e le tre ore di treno che separano le nostre città sembrano volare. L’ultima cosa positiva della mia esistenza sta per sgretolarsi e le lascrime già raggiungono gli occhi. 

Le porte del treno si aprono di nuovo, ma ho perso il conto delle fermate. Il treno sbuffa e ondeggia, seguendo le rotaie  e un po’ spero che questo viaggio non finisca mai. 

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 M1 – 616 parole

 

 

 

 

 

La notte è una incognita e ne ha da sempre un ricordo buio e angosciante che, anche nella adolescenza e nell’immediata età adulta non è mai migliorato. 

Suda, ansima e si rigira nel letto in preda ai ricordi, agli incubi, alle mani di sua madre che lo cercano. Gli manca l’aria e le ore sembrano non passare mai, con le lenzuola attaccate alla pelle e la mente che ripercorre la tragedia e quello che ne è seguito, che gli ricorda i volti di chi ha amato e degli sbagli che ha fatto, finché, stremato, non perde i sensi. 

La notte è il momento della memoria e del ricordo e Sasuke la detesta. La detesta quando è da solo nel proprio letto, quando è di ronda o in missione. Non c’è differenza, solo angoscia e un nodo alla bocca dello stomaco che ormai ha imparato a nascondere. 

Ricorda il volto di sua madre, la pelle pallida, i capelli nerissimi, lo sguardo terrorizzato; il viso squadrato e severo di suo padre, macchiato di sangue, con gli occhi voltati all’indietro e la bocca socchiusa; la lama cremisi che riflette la luce della luna e lo sguardo assassiono. 

Ricorda Orochimaru, gli allenamenti stremanti, il tocco lascivo, le cose schifose che diceva di volergli fare. Ricorda i compagni che ha perso, gli uomini che ha ucciso, le figure che non incontrerà un altro momento. 

 

La notte è dolorosa e angosciante, un lento scorrere di esistenze svanite e rimpianti che gli vengono a bussare nel sonno, togliendogli il respiro e la pace e lasciandolo un po’ più vuoto del giorno precedente. La notte è sua nemica e la detesta e quando è solo e senza nulla da fare si trascina per casa, in un numero infinito di passi, cercando di perdersi tra le mura, le stanze, i mobili – i ricordi. 

La notte è un morbo che non lo lascia, che non lo perdona, che gli mordicchia la pelle e piano piano lo consuma – come la sua stessa esistenza. Sasuke lo sa che morirà di notte, sarebbe già dovuto morire di notte, e lo accetta e ogni notte aspetta e prega che sia rapido. 

 

*

 

Il morbo non lo lascia, non lo perdona, non gli dà tregua. Si rigira tra le coperte in preda a un ricordo, l’ennesimo, con le mani di sua madre che cercano di raggiungerlo e le labbra di lei che si muovono in un grido muto. Sobbalza e lo stomaco quasi gli si rovescia. 

Mani che lo cercano, mani che lo tocca, mani che lo carezzano. Gli scostano materne i capelli dalla fronte medita, gli passano la punta delle dita sull’arco delle orecchie, seguono la linea aguzza degli zigomi e si soffermao per un secondo di troppo sulle sua labbra, per poi ripetere il tutto all’inverso. 

Sasuke rinviene, striscia pian piano fuori dal sogno, dall’incubo, con la stessa difficoltà di chi cerca di districarsi dalla presa delle sabbie mobile. 

Il tempo si ferma e nell’oscurità della notte i suoi occhi si aprono e ne incontrano altri e il respiro si fa meno affannoso, il corpo meno convulso, il nodo alla gola più lento. 

La notte è il momento del ricordo, dell’angoscia e ormai anche della tenerezza. 

Non ne fanno mai parola al mattino, non lo hanno mai fatto. Sakura non ha bisogno di chiedere e Sasuke di dare spiegazioni. Si conoscono, si amano, si sono scelti. Sono in grado di leggere l’uno nell’altra.

Va tutto bene, ci sono io. Gli sussurra all’orecchio, con la stessa voce calma e dolce che usa per loro figlia. Lo stringe a sé, carezzandogli la base del collo e il morbo si affievolisce e per quella notte smette di rosicchiargli i margini del cervello.

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 M1 – 4240 Parole 

 

 

 

 

Vico Equense, Promontorio del Gallo (VE)

Martedì 12/10/2011

Ore: 8.00;

Addetti ai lavori: R. D.; V. P.; E. M. P.; A. B.; M. B.; N. S.; E. O. V.; S. V.; C. T.;

Settore A

La giornata di oggi si caratterizza per un tempo soleggiato e poco ventoso, che fa auspicare la possibilità di proseguire indisturbati con i lavori di pulizia e apertura del sito. 

Buona fortuna a noi.

 

Inizio dei lavori.

Si procede alla rimozione della vegetazione spontanea nella zona a sud ovest del settore C (radiche di piccole e grandi vegetazioni, grano selvatico, ortiche e altre piante non identificate, ma dall’aspetto poco incoraggiante), indagato nella campagna di scavo del 2010, all’incirca 100 m2, per preparare i punti destinati alle aree di scavo, di documentazione e all’attrezzatura. 

Gli operatori, al momento, hanno sistemato tutti i loro averi sotto l’albero di ulivo, unico sopravvissuto all’epidemia di coleotteri dei mesi estivi, sito a pochi metri dall’area di scavo.

Al fine di snellire e velocizzare la compilazione della qui presente documentazione di campo, si intende appuntare i nomi di tutti gli operatori. I ragazzi sono stati informati in merito. 

 

Ore 11:00

Inizio della pausa di metà mattina.

Si è proceduto con la rimozione della vegetazione spontanea e nessuno dei ragazzi ha ancora dato segni di cedimento o fatica. Il tempo continua a essere soleggiato e incoraggiante. 

 

Ore 11:15

Fine della pausa di metà mattina.

Si intende continuare con la pulizia e la rimozione della vegetazione spontanea con l’ausilio delle cesoie e degli attrezzi pesanti, nella speranza di terminare il tutto entro la giornata di oggi. 

 

Ore 13:15

Inizio della pausa pranzo.

Si è terminata la rimozione della vegetazione spontanea nella porzione nord ovest dell’area a sud ovest del settore C e si è effettuata la dovuta documentazione fotografica tramite l’uso del telefono di R. D. 

La macchina fotografica della missione è misteriosamente scomparsa e si è dovuto ricorrere a mezzi di fortuna.

L’humus è stato chiamato US 100 ed è uno strato argilloso, di consistenza plastica, con all’interno radici e pietre di piccole dimensioni e di colore marrone scuro. Sono presenti in grandi quantità lombrichi e altre creature striscianti e colorati. L’addetto medico ci ha diffidati dal toccarli senza guanti: potrebbero essere velenosi. Speriamo in un po’ di fortuna. 

 

Ore 14:15 

La pausa pranzo ha fine e gli operatori tornano alle loro attività dopo essersi caffettizzati.

Per il termine della giornata lavorativa si auspica di riuscire a terminare la rimozione della vegetazione spontanea nella porzione a sud est dell’area a sud ovest del settore C.

 

Ore 18.00

La giornata lavorativa per oggi ha fine.

Si è completamente terminata la rimozione della vegetazione spontanea (bravi noi!) e si è iniziata la rimozione di US 100 nella porzione nord ovest dell’area di scavo.

 

Ore 18.10 

Gli operatori raccattano l’attrezzatura e i propri averi e lasciano l’area di scavo.

Per la giornata di domani si spera di riuscire a  effettuare la dovuta documentazione fotografica della porzione a sud est e di poter continuare indisturbati con la rimozione di US 100. Si spera anche di poter ritrovare la macchina fotografica della missione, sigh!

 

R. D., V. P.

 

Vico Equense, Promontorio del Gallo (VE)

Mercoledì 13/10/2011

Ore: 8.00;

Addetti ai lavori: R. D.; V. P.; E. M. P.; A. B.; M. B.; N. S.; E. O. V.; S. V.; C. T.;

Settore B

Anchre oggi la giornata si presenta soleggiata, ma priva di vento. Si spera che il tempo mantenga e si possa continuare rapidamente e senza intoppi le attività previste per oggi. 

 

Per la giornata di oggi si prevede di continuare la rimozione di US 100 senza vittime. 

 

Ore 11.05 

Pausa di metà mattina.

Si è effettuata la dovuta documentazione fotografica della porzione sue est  dell’area a sud ovest del settore C e si è continuata la rimozione di US 100.

 

Ore 11.20

Fine pausa di metà mattina. 

Per il proseguo della giornata lavorativa si intende continuare con la rimozione di US 100 con l’ausilio degli attrezzi.

I nuovi ragazzi apprendono lentamente l’uso degli attrezzi pesanti, il che dà da pensare. Forse non sarà possibile procedere con la velocità di scavo che ci si era auspicati. 

 

Ore 12.30

Il tempo ci è avverso, amici. Ha iniziato a piovere, una di quelle piogge sottili e infide che deve sempre interromperti sul più bello e rovinarti la giornata. 

Si è provato a tener duro, ma è stato impossibile.

Alla fine abbiamo abbassato le armi e siamo dovuti andare via. 

Il tempo ci è avverso, maledizione!

 

Ore 14.50

Forse il tempo è meno avverso nei nostri confronti di quanto pensassimo, o forse è una trappola della sorte, ma ha smesso di piovere. Gli operatori sono tornati in forze sul sito e hanno ripreso i lavoti. Pregate per noi. 

Il tempo è un po’ nuvoloso, ma per il momento non sembra minacciare più pioggia. 

Per fortuna la US 100 non si presenta alterato dalla pioggia delle ore precedenti e si può continuare con le operazioni di scavo rapidamente e senza troppi intoppi. Non si avvistano strane creature nell’area.

Per il proseguo della giornata lavorativa si intende continuare con la rimozione di US 100 fino allo strenuo delle forze.

 

Ore 17.00

Gli operatori fonno una piccola pausa di metà pomeriggio per il caffè.

Si è effettuata una preliminare delimitazione dell’area di scavo, all’interno della quale verranno collocati il settore A e il settore B previsti entrambi di 4 m x 6 m. In aggiunta si è deciso di prolungare i limiti di tale area di 1 m per lato, per un totale di 10 m x 8 m, per assicurarsi che la resa della documentazione grafica sia facilitata e non si rischi la perdita di qualche picchetto. 

Si è deciso di chiamare convenzionalmente l’area di scavo Settore A fino alla picchettatura definitiva, per cui per ora sarà presente un unico diario di scavo a disposizione di tutti i membri dello staff, qualora ci fossero dubbi.

 

Ore 17. 10

La  pausa di metà pomeriggio ha fine

Per il proseguo della giornata lavorativa si intende continuare con la rimozione di US 100.

 

Ore 18.00

La giornata di oggi ha finalmente fine.

Si è continuato con la rimozione di US 100. Il morale è un po’ basso, non si procede come si vorrebbe. Pioggia maledetta!

 

Ore 18.10

Gli operatori lasciano l’area di scavo e raggiungono le auto. È necessario un unico viaggio, poiché si è deciso di portare con sé solo alcuni attrezzi. 

Per la giornata di domani si prevede e si spera di continuare con la rimozione di US 100.

 

 

 

R. D. e V. R

 

 

Vico Equense, Promontorio del Gallo (VE)

Giovedì 14/10/2011

Ore: 8.00;

Addetti ai lavori: R. D.; V. P.; E. M. P.; A. B.; M. B.; N. S.; E. O. V.; S. V.; C. T.;

Settore A

 

Oggi il tempo è inclemente e ci ha stroncati ancora prima di salire in auto. La pioggia è fitta e forte e non dà speraze di miglioramento. 

Purtroppo per la giornata di oggi non si hanno speranze alcune di potrer andare in cantiere, per cui ci siamo messi l’anima in pace e si è deciso di portarsi avanti con altre attività di ricerca in laboratorio. 

Il morale è basso, speriamo in giorni migliori!

 

V. P.

 

Vico Equense, Promontorio del Gallo (VE)

Venerdì 15/10/2011

Ore: 8.00;

Addetti ai lavori: R. D.; V. P.; E. M. P.; A. B.; M. B.; N. S.; E. O. V.; S. V.; C. T.;

Settore A

Incredibilmente, anche se nessuno di oggi aveva tropper speranze in merito, oggi il tempo è clemente. Soleggiato e pigro, con qualche nuvola bianca all’orizzonte. Si spera di poter lavorare il più possibile!

Buona fortuna a noi!

 

Per la giornata di oggi si prevede di continuare la rimozione di US 100.

 

Ore 10.35

Pausa di metà mattina.

Si procede con la rimozione di US 100.

Durante l’asportazione dell’humus sembra essere emersa una nuova unità stratigrafica di colore giallo e consistenza plastica nell’angolo a sud ovest dell’area di scavo; si intende indagarla una volta terminata la rimozione di US 100.

 

Ore 10.50 

Fine pausa di metà mattina. 

Per il proseguo della giornata si intende continuare con l’asportazione di US 100 senza vittime. I ragazzi sembrano rinvigoriti dal tempo mite, speriamo bene!

 

Ore 13.05

Si continua con la rimozione di US 100. Si è rilevata la presenza di pietre di medie e grandi dimensioni all’interno dell’humus, in corrispondenza del punto dove si intende collocare il limite tra il settore B e il C. Uno dei picconi si è spezzato mentre si provava a farne saltare una. 
Tante bestemmie, ma fortunatamente nessuno si è fatto male. 

 

Ore 13.20

Si è decido di andare a casa per il pranzo. Gli operatori lasciano l’area di scavo, non si sa ancora se una squadra tornerà per concludere la giornata. 

 

 

R. D. e V. P.

 

 

 

Vico Equense, Promontorio del Gallo (VE)

Venerdì 15/10/2011

Ore: 8.00;

Addetti ai lavori: R. D.; V. P.; E. M. P.; A. B.; M. B.; N. S.; E. O. V.; S. V.; C. T.;

Settore A

Il tempo sembra tenere, per cui si è deciso di dividere le attività su due binari separati e procedere una squadra in laboratorio e una sul campo. 

Chi scrive, non ha avuto la fortuna di poter scegliere. 

 

Gli operatori tornano sul sito.

 

Per il proseguo della giornata lavorativa si intende continuare con la rimozione di US 100 e portare il pane a casa!

 

Ore 18.30

Si è proseguita la rimozione di US 100, spostandosi verso S/E. 

Durante l’asportazione dell’humus sono emerse delle nuove unità stratigrafiche che si intende indagare al termine della rimozione di US 100. Si tratta di uno strato di terra argillosa mista a pietrame di medie e grandi dimensioni e di uno strato di terra mista a frustoli di carbone situato in prossimità del punto dove si intende collocare il limite tra il settore B e il C.

 

Per la giornata di domani si intende eseguire la definitiva picchettatura dell’area di scavo e proseguire con la rimozione di US 100.

 

Ore 18.45 

Il tempo ha tenuro ed è stato possibile procedere con le attività di scavo fino a tardi. Quando la luce ha iniziato ad andarte via e la visilìbilità è diventata troppo bassa, ci siamo dovuti arrendere e andare via.

A domani, sperando che il tempo tenga e la pioggia non venga a farci visita per interromperci. 

 

R. D. e V. P.

 

 

 

Vico Equense, Promontorio del Gallo (VE)

Sabato 16/10/2011

Ore: 8.30;

Addetti ai lavori: R. D.; V. P.; E. M. P.; A. B.; M. B.; N. S.; E. O. V.; S. V.; C. T.;

Settore A

 

La giornata di oggi si caratterizza per un tempo soleggiato e poco ventoso, che fa auspicare la possibilità di proseguire indisturbati con i lavori. Per la giornata di oggi si prevede di terminare la rimozione di US 100 e di effettuare la definitiva picchettatura dell’area di scavo. 

 

Ore 9.15

M. B. ha un malore ed è costretta a  lasciare il sito.  Problemi femminili, neinte di preoccpante, solo un po’ di spavento per tutti noi che l’abbiamo vista accasciarsi. 

I ragazzi però non sembrano essere scoraggiati. Speriamo vada tutto bene, con un uomo in meno!

 

Ore 10.35 

Inizio pausa di metà mattina. 

Si prosegue con la rimozione di US 100.

 

Ore 10.50

Fine pausa di metà mattina. 

Per il termine della giornata lavorativa si intende procedere con la rimozione di US 100.

 

Ore 13.30

Si è continuato con l’asportazione di US 100.

Per l’indomani si prevede di terminare la rimozione di US 100 e di effettuare la definitiva picchettatura dell’area di scavo. 

 

Ore 13.45 

Essendo sabato, come patuito, si fa solo metà giornata. Gli addetti ai lavori quindi raccattano le propruie cose e lasciano l’area di scavo.

A lunedì!

 

 

R. D. e V. P.

 

Vico Equense, Promontorio del Gallo (VE)

Lunedì 18/10/2011

Ore: 8.30;

Addetti ai lavori: R. D.; V. P.; E. M. P.; A. B.; M. B.; N. S.; E. O. V.; S. V.; C. T.;

Settore C

Il tempo si presenta bello e soleggiato. Speriamo per il meglio. 

 

Al momento dell’arrivo degli operatori sul campo, US 100 si presenta alterato dalle piogge dei giorni precedenti. Si rileva un significativo cambiamento della consistenza, molto più plastica. Il morale è basso, sembra che la pioggia abbia nuovamente deciso di metterci i bastoni tra le ruote.

I lavori di oggi saranno piuttosto difficoltosi.

 

Ore 9.15 

Arrivano dei visitatori che non si presentano, ma interrompono sgradevolmentre il nostro lavoto. 

Fortunatamente non si trattengono più del dovuto. 

 

Ore 10.40

Inizio della pausa di metà mattina.

Si è continuato con la rimozione di US 100. Nell’area a S/O è emerso uno strato di pietrame di medie e grandi dimensioni. Nessun piccone oggi è perito nell’adempinento del suo dovere!

 

Ore 11.00

La pausa di metà mattina ha fine.

Per il termine della giornata lavorativa si intende continuare con la rimozione di US 100 ed effettuare la picchettatura definitiva dell’area di scavo e dividerla in settore B e settore C.

I ragazzi semhbrano stanchi, ma si continua senza sosta per timore che la pioggia possa farci qualche altro scherzetto. 

 

Ore 13.30

Si è continuata la rimozione di US 100 e si è effettuata la trilaterazione, impostando i picchetti 7, 8, 9, 10, 11, 12.

Per la giornata di domani si prevede di continuare con l’asportazione di US 100.

 

Ore 13.45

Gli operatori lasciano l’area di scavo. 

Si è comunemente deciso di non prolungare l’orario di cantiere oltre la pausa pranzo, per permettere a tutti di riprendere le forze e continuare a lavorare al meglio fino alla fine della missione.

Qualora fosse necessario, si rimarrà anche dopo il pranzo in cantiere solo in via eccezionale e volontariamente. 

 

R. D. e V. P.

 

 

Vico Equense, Promontorio del Gallo (VE)

Martedì 19/10/2011

Ore: 8.30;

Addetti ai lavori: R. D.; V. P.; E. M. P.; A. B.; M. B.; N. S.; E. O. V.; S. V.; C. T.;

Settore A

Il tempo è nuvoloso, con qualche nuvola all’orizzonte e il vento che non dà sosta. Speriamo di uscire interi da questa giornata! 

 

Al momento dell’arrivo degli operatori sul sito, US 100 si presenta leggermente alterato dalle piogge del giorno precedente. La maledetta sembra ancora intenzionata a renderci la vita difficile!

 

Per la giornata di oggi si intende impostare le lenze sui picchetti 7, 12, 11, 10 e 9 e delimitare l’area di scavo con il nastro da cantiere bianco e rosso.

 

Ore 9.20

 

Si è delimitata l’area definitiva di scavo, lasciando 1 m di risparmio per lato. Si sono rinominati i picchetti dal numero 7 al 12.

 

Si procede con la pulizia dello strato al fine di poter effettuare una prima documentazone grafica e footgrafica. 

 

Ore 10.30

Inizio pausa di metà mattina. Sia lode!

Si è proseguito con la rimozione dell’humus nel settore B, mentre sul lato sud est dell’area di scavo inizia a emergere uno strato di pietrame di medie dimensioni. I picconi superstiti già tremano, speriamo bene!

 

Ore 10.50

Fine pausa di metà mattina. 

Per il termine della giornata lavorativa si intende procedere con la rimozione di US 100.

 

Ore 13.35

Si è continuato con la rimozione di US 100. Durante i lavori di asportazione sembra essere emersa una nuova unità stratigrafica di colore grigio in prossimità del picchetto 12. In merito, si parlerà più avanti.

 

Per la giornata di domani si intende terminare la rimozione di US 100 e indagare le eventuali nuove UUSS e procedere alla documentazione grafica e fotografica. 

A partire dalla giornata di domani il settore A verrà diviso in due parti, che opereranno con documentazioni differenziate. 

 

Ore 13.45

Gli operatori lasciano il sito e la giornata di cantiere per oggi ha fine.

 

R. D. e V. P

 

Vico Equense, Promontorio del Gallo (VE)

Mercoledì 20/10/2011

Ore: 8.30;

Addetti ai lavori: R. D.; V. P.; E. M. P.; A. B.; M. B.; N. S.; E. O. V.; S. V.; C. T.;

Settore A

Il tempo sembra promettere bene, è soleggiato e poco ventoso. Non sembrerebbe essere prevista pioggia. Speriamo bene! 

Al momento dell’arrivo degli operatori sul sito, US 100 non presenta alterazioni.

 

Per la giornata di oggi si intende terminare la rimozione dell’humus e mettere in luce le eventuali nuove UUSS emerse.

 

 

Ore 10.35

Inizio pausa di metà mattina.

Si è proseguito con la rimozione di US 100, esponendo, in prossimità del limite dei picchetti 7-12, uno strato argilloso, di colore giallo e consistenza plastica, denominata US 101; in prossimità del picchetto 11 uno strato di terra mista a frustoli di carbone, chiamata US 102.

 

Ore 10.50

Fine pausa di metà mattina. 

Per il termine della giornata lavorativa si intende continuare con la rimozione di US 100.

 

 

Ore 13.35

Si è continuato con la rimozione di US 100. Sono state prese le quote di livello a partire da PQ.

 

Per la giornata di domani si prevede di continuare l’asportazione dell’US 100.

 

Ore 13.35

Gli operatori lasciano il sito con l’attrezzatura per proseguire le attività di ricerca in laboratorio.

 

R. R, V. P, F. Mi

 

 

Vico Equense, Promontorio del Gallo (VE)

Giovedì 21/10/2011

Ore: 8.30;

Addetti ai lavori: R. D.; V. P.; E. M. P.; A. B.; M. B.; N. S.; E. O. V.; S. V.; C. T.;

Settore A

La giornata non promette bene, amici. Il cielo è nuvoloso, fa freddo e l’umore è basso. Non sappiamo quanto potremo resistere. 

 

Al momento dell’arrivo degli operatori le UUSS esposte nella giornata precedente presentano alterazione nel colore a causa dell’azione del sole: variazioni di colore, da giallo a grigio e di consistenza, da plastica a molto compatta, in US 101; minore visibilità di US 102.

 

Per la giornata di oggi si intende terminare la rimozione di US 100, nominare le nuove UUSS esposte e procedere alla documentazione grafica e fotografica.

 

Ore 10:35

Inizio della pausa di metà mattina.

Si è completamente terminata la rimozione di US 100.

 

Ore 10:50

Fine della pausa di metà mattina. 

Per il proseguo della giornata lavorativa si intende effettuare la documentazione grafica e fotografica delle UUSS esposte.

 

Ore 14:00 

E. O. V.. si allontana dal sito.

 

Ore 14:40

Ha inizio la pausa pranzo. 

 

Sono state nominate le nuove UUSS esposte al momento della rimozione di US 100.

 

US 101= strato di argilla, di consistenza plastica e di colore giallo;

US 102 = strato di argilla mista a frustoli di carbone, di colore nero e consistenza plastica;

US 103 = strato di terra mista a pietrame di piccole e medie dimensione, di colore grigio-giallastro e consistenza abbastanza compatta.

US (-) 104 = taglio di forma irregolare di probabile origine naturale;

US (-) 105 = taglio di forma irregolare di probabile origine naturale;

US 106 = strato di terra a matrice argillosa, di consistenza plastica e di colore grigio scuro;

US 107 = strato di terra a matrice argillosa, mista e pietrame di piccole dimensione e colore grigio;

US (-) 108 = taglio di forma irregolare di probabile origine naturale che taglia fisicamente US 106 e US 107;

 

È stata effettuata la dovuta documentazione fotografica e completata la scheda US di 100.

 

 

Ore 16.00

Fine pausa pranzo. 

Per la ripresa dell’attività pomeridiana si intende effettuare la documentazione grafica e prendere le quote di livello

 

Ore 17.10 

Gli operatori lasciano il sito.

Per la giornata di domani si intende prendere le quote di livello delle UUSS, verificare i rapporti stratigrafici e procedere allo scavo stratigrafico. 

 

 

R. D e V. P.

 

 

Vico Equense, Promontorio del Gallo (VE)

Giovedì 22/10/2011

Ore: 8.30;

Addetti ai lavori: R. D.; V. P.; E. M. P.; A. B.; M. B.; N. S.; E. O. V.; S. V.; C. T.;

Settore A

La giornata di oggi si caratterizza per un tempo soleggiato e poco ventoso, che fa auspicare la possibilità di proseguire indisturbati con i lavori

 

Al momento dell’arrivo degli operatori sul sito, UUSS 101 e 107 si presentano leggermente alterate rispetto al giorno precedente a causa del sole, che ha reso il terreno molto più secco. 

 

Per la giornata di oggi si intende prendere le quote di livello, evidenziare ed indagare i rapporti stratigrafici e procedere alle rimozioni delle UUSS più recenti.

 

Ore 9.50

Si sono verificati i rapporti stratigrafici tra le UUSS presenti nel settore. 

 

US 107 copre US 102;

US 102 è coperta da US 107;

US 106 copre US 101;

US 101 è coperta da US 106;

US 102 copre US 106;

US 106 è coperta da US 102;

US 103 copre US 107;

US (-)108 taglia US 107;

US 107 è tagliata da US (-)108;

US (-)104 taglia US 106;

US 106 è tagliata da US (-)104;

US (-)105 taglia US 101;

US 101 è tagliata da US (-) 105;

US 100 riempie UUSS (-) 108, (-)105 e (-)104;

US (-)104 è riempita da US 100;

US (-)105 è riempita da US 100;

US (-)108 è riempita da US 100;

US 107 copre US 106;

US 106 è coperta da US 107

US 107 copre US 106;

  

Si procede con la misurazione delle quote di livello, riportate in pianta. 

 

Ore 10.55

Inizio pausa di metà mattina. 

Sono state prese le quote di livello delle UUSS presenti nel settore.

 

Ore 11.15

Fine pausa di metà mattina.

Si è effettuata la rimozione dell’US 103, mettendo in evidenza US 107; si è proseguito con la pulizia del settore e si è effettuata la dovuta documentazione grafica e fotografica.

Per il termine della giornata lavorativa si intende procedere con la rimozione di US 107.

 

Ore 13.15

Fine dei lavori. 

Si è iniziata la rimozione di US 107.

Per la giornata di domani si intende terminare la rimozione di US 107 e indagare le eventuali nuove UUSS.

 

Ore 13.30

Gli operatori lasciano il sito con l’attrezzatura al completo per dedicarsi ad altre attività di ricerca. Buona giornata!

 

 R. D. e V. P.

 

 

Vico Equense, Promontorio del Gallo (VE)

Venerdì 23/10/2011

Ore: 8.00;

Addetti ai lavori: R. D.; V. P.; E. M. P.; A. B.; M. B.; N. S.; E. O. V.; S. V.; C. T.;

Settore A

La giornata di oggi si caratterizza per un tempo soleggiato e poco ventoso, che fa auspicare la possibilità di proseguire indisturbati con i lavori. Speriamo bene, la giornata è stata pesante e siamo piuttosto stanchi. 

 

 

Al momento dell’arrivo degli operatori sul sito, gli strati si presentano leggermente alterati dalle piogge del giorno precedente. Maledette piogge!

 

Per la giornata di oggi si intende terminare la rimozione di US 107.

 

 

Ore 11.15

Inizio pausa di metà mattina.

Si è terminata la rimozione di US 107, mettendo in luce nuove UUSS; si è effettuata la pulizia del settore per poi poter procedere con la dovuta documentazione grafica e fotografica 

 

Ore 11.30

Fine pausa di metà mattina. 

Sono state nominate le nuove UUSS emerse alla rimozione di US 107: US 109, strato di terra di colore grigio, di consistenza compatta con pietrame di medie dimensioni; US 110 che si presenta come uno strato di terra di colore giallo e di consistenza compatta.

 

Ore 13.15

Fine dei lavori.

Viene ultimata la documentazione fotografica ed effettuata la documentazione grafica, inoltre vengono individuate le quote di livello delle nuove UUSS e definiti i rapporti stratigrafici.

 

US 102 copre US 106;

US 106 è coperto da US 102;

US 110 copre US 106;

US 106 è coperta da US 110;

US 109 copre US 110;

US 110 è coperto da US 109;

US (-) 108 taglia US 110;

US 110 è tagliata da US (-) 108;

US 102 copre US 110;

US 110 è coperto da US 102

US 102 copre da US 110;

 

Per la giornata lavorativa seguente si prevede la rimozione delle UUSS 102 e 109.

 

Ore 13.45

Gli operatori lasciano il sito per dedicarsi ad altre attività di ricerca

 

 

R. D. e V. P.

Vico Equense, Promontorio del Gallo (VE)

Giovedì 22/10/2011

Ore: 8.30;

Addetti ai lavori: R. D.; V. P.; E. M. P.; A. B.; M. B.; N. S.; E. O. V.; S. V.; C. T.;

Settore A

 

Amici, il tempo purtroppo oggi ci è avverso – che novità!

La pioggia non ci dà tregua e rende vane le nostre speranze di poter pocedere con i lavori di scavo. Si spera che domani il tempo sia più clemente.

Per oggi è tutto, un abbraccio. 

R. D. e V. P.

 

 

Vico Equense, Promontorio del Gallo (VE)

Martedì 26/10/2011

Ore: 8.30;

Addetti ai lavori: R. D.; V. P.; E. M. P.; A. B.; M. B.; N. S.; E. O. V.; S. V.; C. T.;

Settore A

 

Amici, la sventura non ci dà tregua e ormai a distanza di quasi una settimana siamo arrivati alla conclusione che i nostri lavori devono interrompersi. 

Il tempo continua solo a peggiorare e con esso il malumore e la debolezza della squadra. 

Ci spiace comunicare a chi legge che la campagna del 2011 termina oggi, poiché la pioggia non accenna a finire e le forze ormai sono esaurite. 

Speriamo di poterci incontrare di nuovo, magari proprio sul Promontorio del Gallo, ma in un momento diverso e migliore.

Un abbraccio e a presto.

 

PS: le attività di ricerca laboratoriali verranno portate avanti finché sarà possibile, per quelle consultare gli atti del 2011. 

 

R. D. e V. P.

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