![[personal profile]](https://www.dreamwidth.org/img/silk/identity/user.png)
Partecipa al COWT-12, M4
1080 parole
Orfanotrofio del Tempio dell’Aria del Sud, 12 agosto
Il modo vibra e cambia, in un turbinio di colori, suoni e odori che non ha neanche mai immaginato potessero esistere. Il velo che separa il mondo Babbano da quello Magico cade e i suoi occhi smettono di essere ciechi, l’orfanotrofio smette di essere un posto spaventoso e grigio e, con la coda dell’occhio, intravede i colori sgargianti delle creature magiche che gli si avvicinano, che lo cercano, che lo osservano.
Alla soglia dei suoi undici anni, ogni convinzione, ogni certezza cambia e lo stomaco gli si stringe tanto da togliergli il fiato. È un sogno, è possibile che sia un sogno?
- Tu sei un Mago, Aang – gli ripete Gyatso, mentre il ragazzino stringe tra le mani la carta gialla di una lettera scritta in eleganti volute grigie – Sei il mago, è il tuo destino – riprende, la voce pacata e rassicurante e il volto dalla pelle grinzosa tirato in un sorriso affettuoso.
- Io sono solo un bambino – mormora Aang, con le mani che tremano un po’ e la voce ridotta a un bisbiglio quasi del tutto impercettibile.
- Andrà tutto bene, non hai da temere – continua Gyatso, carezzandogli con affetto la sommità della testa – Adesso, ti andrebbe una fetta di torta? –
Gyatso ha una teoria tutta sua e che, talvolta Aang e gli altri bambini condividono, ossia che qualsiasi problema o malumore può essere scacciato o affrontato con una buona fetta di crostata alla panna. Aang, però, in questo momento ha lo stomaco troppo in subbuglio per crederci ancora.
Hogwarts, I anno, Sala Grande
La Sala Grande è davvero grande, una sala enorme, con quattro tavoloni lunghissimi, ghermiti di bambini e adolescenti dai cappelli a punta e con le divise nere della scuola. Aang non ha mai visto niente del genere e se ne sta con il naso per aria, osservando il soffitto a bocca aperta.
La Sala Grande è incantata, è magica, come tutta la scuola, come tutti loro. Il soffitto cambia e muta, trapuntato di stelle, con qualche piccola nuvola che appena si intravede e la luna piena che splende su di loro e si riflette ridicolmente sulla sua testa rapata.
Aang è talmente assorto nel cielo, che quasi non fa caso al cappello incantato che canta per tutti i presenti, raccontando una storia lunghissima, che affonda le proprie radici nella storia stessa di Hogwarts, dei suoi fondatori e delle loro Case. Aang non è mai davvero stato portato per l’ascolto, con una mente troppo sfarfallante per riuscire a focalizzarsi su una sola cosa per volta. Però, ehi, quel cappello parla!
I bambini del primo anno sfilano uno dietro l’altro, più vicini del dovuto, come a volersi fare coraggio l’uno con l’altro, anche se a malapena di sono rivolti la parola sul treno o sulle barchette incantate che hanno fatto loro attraversare il lago e arrivare alla scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts.
Il Cappello Parlante è vecchio e un po’ lercio, con le estremità della falda usurati e la punta rattoppata con una stoffa più chiara del resto. È un oggetto – una creatura – spaventoso, che si poggia sul capo del malcapitato e scruta nella sua mente, nei suoi segreti, nei suoi sogni, fino a carpirne l’indole e i segreti più nascosti, per poi decretare a pieni polmoni – ha i polmoni’ – il destino di chi lo indossa.
- Tassorosso! – strilla e la ragazzina sotto di lui sembra un po’ stordita e ci mette qualche secondo di troppo a scendere dallo sgabello, rimettersi in piedi e raggiungere il tavolo di Tassorosso.
Aang si chiede se, quando il Cappello Parlante calerà sulla sua testa, scoprirà che è un impastore, che è lì per un errore e se lo cacceranno via. Lo stomaco gli si attorciglia e il soffitto trapuntato di stelle smette di avere qualsiasi attrattiva.
Uno dopo l’altro i primini affrontano la propria sorte e vengono smistati nelle rispettive Casa, chi con più, chi con meno coraggio. A ogni ragazzino che raggiunge i suoi nuovi compagni, Aang si sente sempre più con un piede nella fossa e la testa gli gira un pochino di più.
Quando arriva il suo turno, il piccolo monaco dell’Aria è bianco come un cencio.
“Cosa abbiamo qui” sussurra il Cappello Parlante alla sua mente ed Aang trasale. “Monaco dell’Aria, non se ne vedono molti in giro, sai, ragazzo?” continua il cappello e Aang si chiede se stia parlando solo con lui o se possa sentirlo tutta la Sala.
“Lo avevo immaginato, signore” farfuglia Aang, suscitando il rispo nel cappello.
“Nessuno mi aveva mai chiamato così, giovane monaco” dice e la voce è un po’ più forte, più divertita “Dunque, cosa dovrei farci io con te? Vedo… vedo un grande potenziale, un buon cuore, una grande intelligenza, poca aspirazione, ma grande potere.” fa una pausa che ad Aang sembra lunghissima e poi, finalmente, si decide a continuare “Davvero difficile.”
“Non mi mandi via, signor Cappello”
“Mandarti via, giovane monaco? Impossibile. Tu sei il bambino della profezia, un grande mago” gli confida “Il mago che nasce una volta sola per vita e che può esercitare la magia dei quattro elementi”
Aang è un po’ troppo trastornato per pensar di chiedere a quale profezia il Cappello Parlante si stia appellando.
“Difficile davvero. Tassorosso è adatto all’indole di un monaco; i Tassorosso sono fedeli e gentili, creature laboriose e serene. I Corvonero ricercano la conoscenza, robusti e fermi. Serpeverde può offrirti il potere e le conoscenze giuste per piegare il Mondo Magico al tuo volere”
“Io non voglio piegare il Mondo, signore”
“Bene, allora forse Serpeverde non è la tua Casa. Ne sei sicuro? Un così grande potere sprecato” non aspetta che Aang neanche annuisca e continua “Grifondoro. Grifondoro, leali e coraggiosi, per avventure spericolate e amici per tutta la vita”.
Aang freme alla parola amici, ma non osa dir alcunché.
Tutta la sala lo fissa, i bambini in fila bisbigliano tra di loro e spostano il peso da un piede all’altro, presi dall’agitazione e dalla stanchezza, gli altri presenti sono divisi tra la curiosità e la fame. Alcuni spostano lo sguardo desolato da Aang al piatto ancora vuoto.
- Grifondoro – grida alla fine, senza alcun preavviso, il Cappello Parlante e Aang sussulta e il tavolo di Grifondoro esplode in una ovazione.
Aang scende lesto e rapido dallo sgabello e raggiunge il proprio tavolo che passo leggero e impercettibile di chi sa camminare nell’aria.
*
La sera, steso nel proprio letto, un po’ Aang si chiede se il cappello parlante non abbia tirato a sorte.