Random (#12)
Feb. 22nd, 2020 06:44 pm![[personal profile]](https://www.dreamwidth.org/img/silk/identity/user.png)
- Storia scritta per il COWT10;
- 591 parole;
- prompt: neonato
Lo stringeva tra le braccia, era una cosina piccina piccina, con la pelle morbida e profumata, tutta rosea. Un agglomerato di morbidezza, talco e fossette, con quegli occhietti enormi e il naso a patata.
Appena nato aveva l’aria un po’ brutta e austera dei vecchi, con il viso rugoso e la fronte perennemente increspata da una ragnatela di rughe. I capelli hanno iniziato a spuntargli solo quando aveva ormai raggiunto i due anni e non sono mai stati particolarmente folti.
Da bambino le andava sempre dietro, la seguiva ovunque, era la sua piccola ombra, la aiutava nelle faccende di casa, le passava i mestoli e insieme inventavano giochi fantasiosi e allegri per passare il tempo.
È nato dicembre, sotto il segno del sagittario, e per questo non è mai stato un’animo quieto. Ha sempre manifestato il desiderio di sapere, di conoscere, imparando prima a far le domande e poi a parlare davvero; è sempre stato quel tipo di bambino un po’ vecchio dentro, che alle riunioni di famiglia veniva lasciato sedere al tavolo dei grandi perché non dava fastidio e mangiava tutto e che era più interessato ai discorsi degli adulti che ai giochi dei bambini.
Gli cambiava il pannolino, gli impomatava il sedere quando era irritato, lo lavava e lo vestiva. Era il suo bambino, è il suo bambino, anche se crescendo ha man mano manifestato il desiderio di essere indipendente. Ha sei anni quando per la prima volta si allaccia da solo le scarpe e non passa molto altro tempo prima che le sia tolto anche il piacere di scegliere per lui cosa mettersi. È triste essere una madre, vedere i propri bambini crescere sotto ai tuoi occhi e non essere ugualmente in grado di accettare la cosa.
A quindici anni ha iniziato ad avere segreti con lei e a non parlarle più, a chiudersi in camera e a lamentarsi sempre più del dovuto per ogni cosa. Poi sono arrivati i litigi e alla soglia dei diciotto anni non è passato un giorno senza la minaccia di andare via di casa, giusto per il gusto di spezzarle il cuore e affermare ancora una volta di non aver bisogno di lei.
Quando lo teneva in braccio, tutto roseo e profumato, in ospedale, ancora prima che suo marito riuscisse a convincerla a lasciarglielo prendere per un po’, aveva fantasticato su di lui, sulla sua vita da adulto, sul modo in cui avrebbe mosso i primi passi, sulle prime cotte e sui primi problemi a scuola. Non aveva neanche mai preso in considerazione di separarsi da lui, di tornare alla vita tranquilla e monotona che aveva prima che lui arrivasse, di non essere più una madre ventiquattro ore su ventiquattro e di non dover più pensare a cosa cucinartgli o a cosa stirargli.
La maternità è nelle sue corde, è in quelle di tutte le donne della sua famiglia, così come il trauma dell’abbandono. Sua madre l’ha lasciata andare via di casa solo quando si è sposata, non un giorno prima. E non senza resistenze.
- Potreste trasferirvi qui - le aveva proposto un’infinità dio volte e un’infinità di volte lei aveva detto di no, troppo presa dalla nuova vita che le si stava per aprire davanti.
Quando il suo bambino va via di casa ha ventidue anni e il dolore è quasi lacerante. Per lei è ancora il cosino piccino e carino che ha visto in ospedale e mentre lui si chiude la porta alle spalle, l’idea di dover chiedere scusa a sua madre improvvisamente inizia a martellarle la tempia sinistra.