Lilla

Feb. 26th, 2020 09:01 pm
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[personal profile] irgio
 
  • Storia scritta per il COWT10;
  • 2500 parole;
  • Soulmate - Originale;
  • Prompt: Gli amanti;











L’amore nel loro mondo è davvero una cosa strana. Si è destinati ad avere una sola anima gemella, un solo individuo che a un certo punto della vita si incontra, non si sa quando - non ci sono regole in merito - e che ti sconvolge tutto di punto in bianco. Non c’è scelta, non si ha libero arbitrio, quando l’anima gemella appare, ti chiama. Sotto un certo punto di vista è quasi rassicurante avere la certezza di non poter sbagliare, che ci sia esattamente quella persona lì, da qualche parte, ad aspettarti per completarti. 

Sul corpo, impresso nella pelle, c’è il segno del legame. Un piccolo bocciolo, una piantina verde che cresce lentamente e che matura man mano, in attesa del nutrimento dell’altra metà del cuore. I fiori, i marchi, sono un segno indelebile. Adornano i corpi di tutti, indifferentemente dal sesso e dall’età. Alla nascita sono solo piccole voglie, macchioline della pelle così piccole da poter essere scambiate con dei nei, un semino che attende di mettere radici.

Crescono con chi le porta e rivelano anche l’indole del portatore: l’azalea per chi è gioioso, speranzoso, sfacciatamente fortunato; la bocca di leone per chi ha un carattere capriccioso e difficile da soddisfare; la calla per chi è una persona sincera, per l’amico fidato; il delphinium per chi non sa nascondere i propri sentimenti, per l’amore sincero, per chi ha un cuore aperto a tutti; il girasole per quei soggetti che entrano in una stanza e la illuminano con un solo sorriso. 

Ci sono così tanti fiori che è quasi impossibile conoscerli tutti, può farlo solo chi spende tutta la propria esistenza a studiarli e a comprendere come curarli. 

In edicola è pieno di riviste per ragazzine su come far cadere ai propri piedi il Giglio più puro o la Lavanda più diffidente. 

Il marchio cresce e si annida in posti diversi; non ci sono mai due fiori che crescono esattamente nello stesso modo o nello stesso posto, sono tutti esemplari unici e di unica bellezza che manifestano la persona che li porta. Alcuni sono su parti del corpo facili da individuare, altri nascosti; viso, orecchie, collo, petto, cosce, mani, collo, caviglie. Si pensa che germoglino nel primo posto che l’anima gemella toccherà, anche se non è stato provato e sembra più essere una fantasiosa e romantica leggenda, che realtà. 


Alba ha diciassette anni quando il glicine che ha sul fianco inizia a germogliare; i rami legnosi e contorti si allungano, crescono e le si attorcigliano in tutta una serie di ghirigori sul fianco destro; crescono le foglioline, prima minuscoli baccelli verdognoli, poi si ampliano, prendono una sfumatura più matura e diventano di un verde brillante. Gli ultimi a uscire sono i fiori, una serie di corolle di un lilla color pastello che le decorano il corpo, le lambiscono i contorni del seno e si spingono fino alla clavicola. Diventa impossibile nasconderli coi vestiti, una foglia o un fiore spunta sempre in qualche modo, più prova a nasconderli, più diventano evidenti e maturi. 

Le sue compagne di scuola sono invidiose, la prendono in giro; suo padre è scontento, pensa che sia ancora troppo presto e che i tempi siano cambiati - lui e sua madre si sono incontrati in tarda età, vivevano in paesini diversi e il loro è stato un incontro voluto dal destino, impossibile da spiegare in altro modo -  e che non sia ancora pronto a dire addio alla sua bambina per affidarla alle cure di un altro uomo; le sue amiche iniziano a darle consigli su come vestirsi, su come acconciarsi i capelli, su come sistemarsi le sopracciglia e su quale smalto mettere sulle unghie. Passano sere intere chiuse nella sua stanza a sghignazzare e a fare discorsi sull’amore che, a posteriori, risultano ridicoli e del tutto dettati da un’ingenua ignoranza in merito. 

Alba è timida e mite, non si sbilancia nelle fantasie e si rifiuta di andare troppo in là con la mente. Non cede alle domande delle amiche e non dice niente riguardo la sua presunta anima gemella. Le ragazze fanno a gara di baci, si esercitano per imparare a dare un primo bacio indimenticabile, sdraiate sul suo letto. Lei le fissa a disagio e si rigira i pollici, cercando di non guardare. Quelle cose, lei, le vuole fare solo con la persona a cui è destinata. Una sola deve baciare, una sola la deve toccare, con una sola deve passare il resto della sua vita: questo le è stato insegnato e ha ciecamente fiducia nel mantra che si ripete quasi inconsciamente. 

Non è del tutto insolito che gli adolescenti, o anche gli adulti, abbiano relazioni frivole - chi più, chi meno - prima di incontrare la propria anima gemella, ma lei non è una di quelle. Lei vuole l’amore vero, ne vuole uno solo e non guarda altri uomini. 

Ora che il suo fiore è sbocciato, che il glicine ha preso forma e le ha macchiato indelebile la pelle, si concede di guardare ogni giovanotto che incontra, ripercorre le strade fatte immediatamente prima che il marchio si sprigionasse, chiedendosi chi sarà a cogliere il suo cuore. 



Franco è un giovanotto piacente, colle spalle larghe e il sorriso aperto e allegro. Sul collo gli è da poco sbocciato un raggiante fiore di girasole, di un giallo abbacinante e ha le mani segnate di chi ha sempre lavorato, nonostante la giovane età.

Fa il garzone dal panettiere del paese, non troppo lontano dalla scuola di Alba, e la ragazza passa lì davanti tutti i giorni nel tragitto casa - scuola. Il suo sogno è quello di diventare lui stesso un panettiere, di avere un negozio suo e di creare con le sue sole mani delizie fragranti e profumate. È un giovanotto dai sani principi, non uno di quelli che corrono dietro le gonnelle in attesa che il proprio fiore sbocci, con obiettivi semplici e che aspira a una vita semplice. La mattina che si alza e vede il fiore sul suo collo completamente sbocciato, è più allegro del solito e le signore che vanno a comprare il pane dal suo datore di lavoro, iniziano a non fargli più gli stessi complimenti ammiccanti di prima. Diviene quasi intoccabile, reclamato da un’altra fanciulla di cui non conosce ancora il nome, ma che già sa di amare senza alcuna ombra di dubbio. 


Quando si incontrano, è la primavera del 1967, Alba ha compiuto da poco diciotto anni e il fiore è completamente sbocciato, spingendosi anche più in là della clavicola e mostrando ostinato qualche bocciolo all’attaccatura del collo. Entra nel negozio del pane, quello dove passa da quando era ragazzina e dove Franco ha da poco ottenuto una promozione. È al banco, col solito sorriso aperto e sincero, ed è a lui che ordina quello che le serve: una panella di pane - di quello più cotto e bruciacchiato, come piace a suo padre - qualche rosetta per la merenda del giorno dopo, e del pane vecchio per le polpette della domenica. 

Franco boccheggia mentre la guarda, con i capelli vaporosi che le ballano attorno al viso struccato e il glicine lilla che le spunta dal colletto del vestito. Impacchetta impacciato l’ordine e le passa gentilmente il pane

- Altro, signurì? - le dice gioviale e le loro mani per un attimo si sfiorano ed è come se non avessero mai toccato nessun altro per tutta la vita.



 

Si sposano l’inverno successivo. Al padre di Alba Franco non piace, troppo modesto, troppo semplice, un uomo con aspirazioni genuine e prive della grinta e dell’ambizione che hanno caratterizzato lui a quell’età. Dà comunque la sua benedizione, perché non si può dividere due anime gemelle - è la legge. 

Trascorrono una vita serena; quando arriva il primo secondo figlio, Franco apre la propria panetteria. Al terzo, si trasferiscono nell’appartamento sopra al negozio e la casa profuma sempre di pane appena sfornato e di fiori. 

Quando Alba rievoca il ricordo del marito, la prima cosa che sente è l’odore del pane, il sapore un po’ amarognolo dei primi esperimenti con una nuova farina che poi avrebbe fatto la fortuna della loro attività, il profumo del suo dopobarba - che durava giusto il tempo di scendere in bottega e impregnarsi con la farina.

Hanno avuto una vita felice, la vita che entrambi volevano, con quattro figli e un piatto caldo sempre a tavola. 



Franco è morto a cinquant’anni, stroncato da un infarto, nella sua panetteria. L’ha trovato uno dei figli poco dopo, riverso nella farina. Alba non è più tornata la stessa e il fiore sul suo corpo è rapidamente appassito e i rami del glicine si sono seccati e sono morti.

Quello è il destino del marchio: fiorisce quando l’anima gemella compare e sparisce quando questa non c’è più. Segna il lutto, il dolore, l’assenza. 

Dal funerale del marito, Alba prende l’abitudine di portare un foulard al collo per nascondere il rametto secco del glicine che le sta tristemente sfiorito al di sopra della clavicola. 

Alba non ha neanche cinquant’anni quando diventa vedova e il dispiacere la fa invecchiare con una rapidità quasi insolita. Ogni gesto, ogni abitudine, diviene doloroso e spiacevole. L’odore stesso del pane per un po’ le fa salire le lacrime e la priva dell’appetito e della gioia. 

 

- È normale - le dicono tutti, come se davvero sapessero cosa vuol dire sentirsi sradicare il cuore dal petto e prosciugare tutta la felicità dal mondo - Passerà -

 

Non passa.




Alba ha settantadue anni quando l’ultimo dei suoi figli incontra la sua anima gemella e si sposa; diventa improvvisamente di troppo, una indesiderata nella felicità della nuova coppia. I figli vendono la panetteria di Franco e la casa dove sono cresciuti tutti insieme e la spediscono in un ospizio.

Alba forse dovrebbe arrabbiarsi, prendersela con quei figli disamorati, che improvvisamente non la cercano più, né la desiderano, che non le fanno più visita e che si dimenticano di chiamarla per farle gli auguri di compleanno, ma è vecchia e stanca. Ha smesso di far caso a quel genere di cose da molti anni ormai e non ha più la forza di stare dietro ai giovani.

Ha tanti nipoti, almeno otto, di alcuni non ricorda bene il nome, di altri ha una collezione di foto che confonde con quelle degli altri nipotini. La sua memoria non è più quella di una volta e ogni tanto fa fatica a ricordare un particolare o un viso. Il sorriso di suo marito, di Franco, però lo ricorda, come il girasole giallo che aveva sul collo o l’odore di pane e farina che si portava sempre dietro. Non sono più ricordi tristi o dolorosi, solo malinconici. Ha da tempo accettato la loro separazione e trascorre le giornata a fare vestitini per uno o l’altro nipote, aspettando che arrivi la sua ora.

Come lei, tanti altri anziani si trovano nella sua stessa situazione. Più ci si fa vecchi, più si diventa soli, più il legame con l’anima gemella si spezza e i fiori muoiono. È normale, fisiologico, e la vecchiaia ha dalla sua il pregio di rendere le cose più facili da accettare. 



Marco è un uomo anziano, vecchio quanto Alba o forse meno; nessuno sa con esattezza quando sia entrato nella casa di riposo, nessuno lo ricorda. Doveva essere un bell’uomo da giovane, con gli occhi chiari e le guance segnate di chi era solito sorridere spesso. He le mani curate della gente che passa la propria vita senza fare sforzi eccessivi e un gusto per il vestire piuttosto insolito per chi vive recluso con altri vecchi, in attesa della propria ora. 

- Non si sa mai quando passa una bella signora - dice, ammiccando, scherzando civettuolo con uno degli altri ospiti, quando è di buon umore. Il resto del tempo lo passa su una delle poltrone dell’area comune a leggere il giornale, arcigno, commentando tra sé e sé le notizie o sfogliando uno dei libri inviatigli dai nipoti.

Su una mano, la sinistra, ha il suo marchio: lo stelo appassito di quello che un tempo doveva essere un bel papavero rosso. Non lo nasconde, lo tiene lì in bella mostra per far sapere alle signore che è un uomo libero. Alcune sembrano apprezzare la sua compagnia per far passare il tempo. 


Alba lo incontra di tanto in tanto, alle volte gli ruba la poltrona o il giornale e finge di non sentire le sue proteste in merito. Trova quasi divertente vederlo fare i capricci e litigare con quell’uomo ammazza il tempo e la distrae un po’ dal suo lutto. 

Marco non sembra essere davvero infastidito dalla donna e gliela dà vinta con un po’ troppa facilità.

- Sei un mascalzone - lo riprende Alba ogni tanto, quando lui cerca di toccarle un gomito o le sistema il colletto del vestito.

- Sono lieto tu lo abbia notato, mia cara - la rimbecca lui, toccandola un po’ di più, facendolesi un po’ più vicino. 

Alba di uomini ne ha avuto uno solo, solo Franco, ed è cresciuta consapevole non esistesse un’altra anima gemella. È una donna di sani principi e alla morte del marito si è lasciata invecchiare rapidamente, punendosi per essere sopravvissuta. Non ha visto più nessuno, ha rifiutato gli inviti delle amiche a conoscere altri uomini nella sua stessa condizione, ha portato il lutto per più di venticinque anni stoica e irremovibile. Franco è stato la sua anima gemella, il suo primo uomo, il suo primo bacio, il suo primo amore, il suo primo tutto. Per una signora non è conveniente avere certi atteggiamenti e lei ha fatto della sua vita e della sua devozione un fulgido esempio.


A distanza di tanti anni, il dolore è diventato meno pungente, il lutto meno necessario, l’arrendevolezza e la solitudine due compagne silenziose. Alba apprezza le nuove attenzioni di quell’uomo che in un altro momento non avrebbe degnato di una sola occhiata. 

Insieme passano lunghi pomeriggi a parlare delle loro rispettive anime gemelle, a scambiarsi aneddoti divertenti o dolorosi, a mostrarsi le foto dei figli e dei nipoti. Passano da un’amicizia genuina a un legame più intimo e più sentito. Lui le tiene teneramente i gomiti, lei finge che il cravattino di lui sia in disordine per potersi fare di un passo più vicina.

Marco ha smesso rapidamente di dare attenzione alle altre signore della struttura, limitandosi a qualche sorriso affabile ed educato. Non parla più con gli altri uomini delle sue conquiste e si sente di nuovo un uomo rispettabile e pulito come quando sua moglie era viva e gli inamidava il colletto della camicia e lo salutava con un bacio sul dorso della mano marchiata.

Trascorrono interminabili giorni a parlare, a sfiorarsi con un po’ di timore e diventano un caso nell’ospizio, il pettegolezzo di turno. Alba neanche si vergogna più; i suoi figli del resto non le vanno mai a fare visita né la chiamano.

Sulla pelle increspata dei suoi gomiti, laddove Marco è solito toccarla per gioco, iniziano a fiorire piccoli boccioli di glicine, di un lilla timido e mite.







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