Random (#14)
Feb. 26th, 2020 11:04 pm![[personal profile]](https://www.dreamwidth.org/img/silk/identity/user.png)
- Storia scritta per il COWT10;
- 2500 parole
- Originale
- Prompt: Eremita
Il mondo prima era facile, i rapporti con le altre persone erano facili, trovare l’anima gemella era relativamente facile. Si nasceva con il nome della persona a cui si era destinati tatuato sulla pelle e tutto quello che si doveva fare era aspettare e rendersi la persona migliore possibile nell’attesa di trovare la propria metà.
Un nome, una piccola voglia fatta di lettere incise sotto la pelle. Non tutti avevano il marchio nello stesso posto, della stessa grandezza o scritto con gli stessi caratteri. Alcuni lo portavano sulla pelle, quella che gli abiti non riuscivano a coprire, altri erano un po’ più fortunati e potevano nascondere quell’informazione intima sotto la stoffa degli abiti. Nessun marchio era identico all’altro, alcuni li si trovava sul collo, sulle mani, sulle orecchi, appollaiati delicatamente sulla clavicola o attorcigliati attorno alle dita, altri sotto il seno, sulla coscia, avviluppato all’ombelico, sulle natiche o sotto la pianta del piede.
I marchi sono nati insieme alla scrittura e ancora prima che questa si manifestasse, esistevano, anche se nessuno ricorda più come fossero. I racconti del passato che li riportano, in merito sono vaghi e poco accurati, frammentari e persi nel tempo.
I marchi sono nell’alfabeto natio di chi li porta, ma l’anima gemella può leggerli ugualmente. Non era insolito che qualcuno si recasse in un paese lontano, con una cultura e un alfabeto differente, e trovasse improvvisamente la metà del suo essere. Il marchio non è semplicemente un nume, un insieme di lettere, è qualcosa di vivo, di pulsante, di del tutto slegato e involontario a cui non ci si poteva sottostare.
Prima che tutto iniziasse, che il mondo cadesse e la morte diventasse l’unica anima gemella, l’unico destino auspicabile, l’amore era il desiderio ultimo di tutti loro. Era il motore che azionava il mondo, che lo faceva andare avanti e che regolava le loro leggi e la loro stessa vita. Tutto era sicuro, caldo e tranquillo - sicuro. Si sapeva bene o male cosa sarebbe accaduto, cosa sarebbe successo, cosa aspettarsi. Era rassicurante, anche se alcuni si sentivano un po’ stretti in quell’esistenza in cui appariva tutto deciso a priori. I giovani, soprattutto, avevano una fase di ribellione in cui ognuno di loro provava ad amare e a uscire con persone con nomi diversi da quello che loro portavano tatuato sulla pelle, ad avere il più alto numero di amanti, e a forzarsi ad amare qualcuno che era sbagliato, per la sola consolazione di poter dire di essere diversi, di non essere inquadrati, di aver scelto liberamente. Alla fine, tutti tornavano sui propri passi, tutti dovevano riconoscore che non ci si poteva sottrarre all’ordine naturale del mondo, alla chiamata dell’anima gemella. Alla fine il marchio iniziava a bruciare, a prendere contorni più netti, più scuri, e la loro metà arrivava.
Gli adulti alle volte, durante i pranzi di famiglia, o dopo aver bevuto qualche bicchierino di troppo, ricordavano con il sorriso di quelle avventure giovanili e di quella ribellione che a distanza di anni - dopo aver trovato l’anima gemella ed essere diventati completi - appariva così ridicola e divertente.
- Errori di gioventù - sogghignavano, quasi come se volessero scusarsi.
Poi il mondo è finito e quello che ha iniziato a smuovere l’esistenza dei sopravvissuti è stata la paura, la fame, il desiderio di sopravvivere a tutti i costi, almeno per un giorno ancora. Nessuno ha più fatto caso ai marchi. La gente ha iniziato a morire come mosche, l’idea di trovare la propria anima gemella non è diventata solo secondaria, ma addirittura irrealistica.
Non c’era più spazio per una cosa del genere. Legarsi a qualcuno, affezionarsi, provare dei sentimenti, diveniva una debolezza; la debolezza era un passo in più verso la morte.
Simone ha vent’anni o giù di lì quando il mondo cade - non lo ricorda neanche il mondo prima - quando i morti smettono di marcire al sicuro sotto terra e prendono ad andare in giro. All’inizio sembra essere solo un’epidemia, un raffreddore stagionale. I media non danno subito troppo peso alla cosa e la gente si trova impreparata.
I suoi genitori vengono infettati ancora prima che si capisca cosa stia succedendo e lui una mattina si alza e li trova freddi sul pavimento della cucina. Una mezz’ora dopo sono di nuovo in piedi, con gli occhi vitrei e le fauci spalancate. Dilaniano il loro gatto - Simone ricorda che ha amato quella creatura pelosa e infida, ma non riesce a portare alla mente il suo nome - e lui li chiude in una delle camere della casa e scappa.
È l’Apocalisse, è la fine del mondo, è una cosa a cui non erano preparati. Simone vede la gente morire e si convince di essere il prossimo ogni volta. Passa un anno prima di dirsi che forse non è ancora la sua ora.
Per un po’ si muove con altra gente. Formano piccoli gruppi di derelitti, sopravvissuti per miracolo; alcuni sono imparentati, altri non si sono mai visti prima, e condividono solo la stessa sventura; molti di loro sono rimasti soli. Pattugliano le strade, saccheggiano i negozi o le case lasciate abbandonate, cercano piccoli rifugi di fortuna dove nascondersi.
I morti li seguono, attirati dai rumori, e loro allora imparano a non farne. Imparano a nascondersi e a rendersi invisibili, ma ogni volta qualcosa va storto - un bambino che piange, un oggetto che cade, un coglione che fuma una sigaretta - e i morti li trovano e allora tocca ricominciare tutto d’accapo.
Con il tempo Simone sviluppa la consapevolezza di dover essere solo, di dover ricercare la sopravvivenza da solo, con le sue sole forze. Impara a difendersi, a uccidere definitivamente quelle creature mostruose che un tempo sono state persone vive come lui. Un colpo alla testa. Non serve a niente colpirli in altri luoghi, niente li arresta o spegne l’insaziabile desiderio di carne. Ne ha visti alcuni continuare a strisciare e a cercare di divorarlo, anche se senza gambe o con la testa staccata dal collo. Sono una piaga infernale, una bestialità senza uguali, sono la morte che segue chi è rimasto fino alla fine dei suoi giorno.
Quando poi non sono i morti a uccidere, ci sono gli uomini. La fine del mondo ha segnato anche la fine della civiltà. ci si uccude per il cibo, per le armi, per non essere divorati dai mostri.
Simone ha sentito anche che a nord ci sono gruppo di sopravvissuti che danno la caccia ad altri esseri umani per nutrirsene. Sembra una di quelle storie macabre che si raccontava con i suoi amici da bambini, davanti al fuoco in campeggio, e il tipo che glielo ha detto non sembrava starci particolarmente con la testa ed è crepato dopo un paio di giorni, ma Simone si guarda lo stesso dallo spingersi a nord.
Qualche anno prima i morti viventi sembravano decisamente più folli e impossibili di un gruppo di cannibali, quindi Simone non sarebbe per niente sorpreso nello scoprire che non è solo la farneticazione di un vecchio toccato - ma non ha alcuna intenzione di scoprirlo.
Simone alla fine abbandona l’idea di avere compagnia; accetta passaggi di tanto in tanto e va verso sud, dove dicono che le cose siano migliori. Non è che ci creda, neanche è così stupido da pensare di poter tornare alla vita tranquilla e sicura di quando il mondo era ancora in piedi - non è né sciocco né debole. Semplicemente ha bisogno di qualcosa da fare e muoversi lo aiuta a non annegare nei suoi stessi pensieri.
Smette di imparare il nome della gente, di ricordare i visi o le voci. Tutti sono ombre che si muovono nel suo campo visivo e che sa che creperanno in malo modo. Non rimane più del dovuto in nessun accampamento: prende cibo, vestiti e quello che gli serve e va via. Depreda i cadaveri, ruba acqua e scatolame a chi è troppo incauto da lasciarlo senza protezione.
In un altro momento, se fosse stato un uomo migliore, si sarebbe vergognato di se stesso. Non si chiede già da un pezzo quanta gente abbia destinato alla morte, a quanti abbia rubato la speranza di vivere un giorno in più.
- Niente di personale, amico - è la sua battuta classica, quando viene beccato e allora deve prendersi quello che gli serve con la forza - Il mondo gira così -
Non ha mai ucciso nessuno, o almeno nessuno che non se lo meritasse. Non è mai il primo a sparare o a sgozzare o a chiamare l’attenzione dei morti per creare un diversivo e irrimediabilmente destinare le sue vittima a essere dilaniate da quelle fauci morte. Al tempo stesso però vive seguendo una filosofia di vita che lo tiene più o meno in piedi per un bel po’: niente amici, niente sentimenti, niente pietà per i deboli. In fin dei conti quelle persone morirebbero in ogni caso, qualcun altro prenderebbe il loro cibo o le loro medicine, quindi perché non lui? Perché dovrebbe aggrapparsi a regole di una moralità di un mondo ormai morto e sepolto?
Il marchio di Simone è sul lato del palmo destro, scritto in caratteri piccoli e abbozzati, some se fosse la grafia di un bambino. È sempre stato brutto, con le lettere tracciate in modo disordinato e poco chiaro. Quando aveva ancora il tempo da perdere per quel genere di crerinate, si chiedeva come diavolo facesse davvero a leggerlo.
Filippo era scritto sotto la sua pelle, per cui non è mai stato un mistero per nessuno che gli piacesse il cazzo. I suoi genitori lo avevano accettato ancora prima che lui imparasse a parlare. Nessuno poteva fargliene una colpa, non aveva deciso lui come nascere né chi amare.
La sua anima gemella non si è manifestata prima che il mondo cadesse, non ha neanche avuto avvisaglie della sua vicinanza - né ha davvero desiderato trovarla. Sarebbe sicuramente crepato in quel mondo, se avesse avuto qualcuno a cui badare. In fin dei conti era stato un bene che i suoi genitori fossero crepati per primi insieme al loro gatto.
Quando il mondo era ancora normale e i morti rimanevano morti, gli zombi solo incubi notturni, si era divertito. Aveva avuto numerosi partner, anche più di uno alla volta.
- È solo una fase - rassicuravano i suoi genitori gli altri, amici o parenti, ma non era una fase. Lui è sempre stato il genere di persona a cui la stabilità, la monogamia sta stretta, scomoda. Non ha mai capito perché tutti volessero un’anima gemella, volessero disperatamente dipendere da una sola persona e assaggiare un cazzo solo fino alla vecchiaia. Il sesso era piacevole, tutta la parte dell’infatuazione era piacevole, allora perché privarsene? Idioti inquadrati.
Quando il mondo è finito ha pensato che almeno si fosse liberato da quel peso. La gente è morta a frotte, le anime gemelle sono diventate una cosa così far da finire nel dimenticatoio e se lui non l’ha trovata quando il mondo era vano, figurarsi ora in quelle condizioni.
Al tempo stesso, la fine del mondo, l’apocalisse, ha ucciso la fedeltà, quel finto sentimento amoroso che permeava la società. Simone ogni tanto trova una persona nuova con cui fare un tratto di strada e con cui scopare per far passare il tempo. Sia uomini che donne, che ne possa dire il marchio sul suo dito.
Nessun legame duraturo, solo rapporti frivoli di qualche giorno e a cui non vuole neanche dare un nome o un volte. Mente sul suo stesso nome, sulla sua età e su quello che gli piace. Racconta bugie, inventando una persona diversa per ogni nuovo incontro. Mente così bene che con il tempo inizia a fare lui stesso fatica a distinguere tra le bugie e la verità.
Porta sempre dei guanti, di quelli senza le dita, giusto per essere sicuro che nessuno veda il suo marchio e gli rompa il cazzo. Ci manca solo di trovare la sua dolce metà.
- Suvvia, amico - aveva esordito una sera una tipa che aveva incontrato quel giorno stesso e di cui non ricordava la faccia, né il nome, solo il pessimo pompino che gli aveva fatto prima di andare a dormire - Non è mica la fine del mondo, dimmi il nome di uno che non vorrebbe sapere il nome della propria anima gemella? -
- Io - aveva risposto lui, come se fosse ovvio. Quello era il genere di discorsi che gli facevano ammosciare le palle e da cui si guardava bene.
Due giorni dopo la tipa era stata morsa da uno dei morti e lui le aveva concesso la grazia, senza costringerla al dolore dell’infezione e della morte lenta che l’avrebbe fatta diventare una di quei mostri mangiabudella. Un colpo alla testa e via.
Non ci ha più pensato, le ha preso quello che di utile aveva nello zaino, e ha continuato il suo viaggio. L’ha lasciata sul ciglio della strada e non l’ha manco seppellita.
Il giorno in cui lo incontra, piove e fa un freddo cane; porta un giubbotto da donna di un orrendo colore glicine, di almeno due taglie più grande e un cappellino di lana grigia e bitorzoluta.
- Me lo sono fatto da solo qualche mese fa - gli ha confessato qualche tempo dopo, vedendo che gli fissava la testa - sai, per ammazzare il tempo aspettando di crepare -
A Simone è sembrato un tipo a posto. Gli ha salvato il culo da un morto, conficcandogli un coltello nella testa prima che questo lo sbudellasse. Tutto sommato, poteva concedergli di non sembrare una spina nel culo come molto altri che aveva incontrato fino a quel momento.
- Lip - si è presentato il ragazzo. Non doveva avere più di vent’anni, con la barba che stentava a spuntargli su tutta la faccia e un paio di occhiali rattoppati alla meno peggio con del nastro isolante.
Passa con Lip più tempo che con gli altri e, nonostante sembri un ragazzino, gli salva il culo in più di un’occasione. Sa dove trovare il cibo, gli fa vedere come costruire una lancia con un po’ di legna non troppo marcia e la sera si coricano vicino. Quello che destabilizza un po’ Simone è che non se lo voglia scopare - cioè, sì, però non è il sentimento preponderante.
Gli piace quel ragazzino dal cappello orrendo e la barba imbarazzante. Viola la sua prima regola e si affeziona.
La seconda regola la viola quasi subito dopo, quando Lip è lì lì per essere quasi divorato e Simon si rende conto di provare dei sentimenti per lui. Da lì in poi è tutto un crescendo.
- Vieni qui, coglione - se ne esce Simone una sera, sentendo l’altro battere i denti. Finge con se stesso di volerlo vicino per scoparlo e non perché il ragazzino abbia freddo.
- Come è magnanimo, lei - gli dice Lip, citando un vecchio film, quando gli permette di infilarsi nel sacco a pelo con lui.
Fanculo gli esce dalle labbra quando realizza che Lip sta per Filippo e che è fottuto.