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[personal profile] irgio
 
  • Storia scritta per il COWT10;
  • Beastars - Legoshi/Haru
  • Prompt: Audaces fortuna iuvat
  • 765 parole;

 

 

 

Haru è una conigliera deliziosa, con le orecchie lunghe, il nasino roseo e il pelo bianco e morbido. È piccola e minuta, con una codina paffuta e il passo leggero di chi è per natura portato a non farsi notare. 

Legoshi la vede e non può impedire al proprio corpo di reagire, alla propria coda di scodinzola e alle proprie ghiandole salivari di produrre saliva. È come essere tradito da se stesso non appena lei entra nel suo campo visivo e Legoshi prova ancora una volta odio per la propria natura. 

- La fortuna aiuta gli audaci, figliolo - gli ripeteva suo nonno quando era un cucciolo e Legoshi non ha mai ben capito che cosa volesse dire. Suo nonno non è mai stato un uomo audace, per tutta la priora infanzia lo ha visto nascondersi dagli altri animali e mortificare la propria natura - è da lui che ha imparato l’abnegazione e la vergogna. 

 

Quando sono insieme, Legoshi è consapevole che attirino gli sguardi degli altri studenti. Insomma, un lupo grigio e un coniglietto che parlano, che sono amici, non è una cosa da tutti i giorni, se poi ci metti anche che la coniglietta in questione è Haru le occhiate si fanno anche piuttosto malevoli. 

Legoshi conosce le voci sul conto di Haru e sa anche che sono in parte vere, ma a lui non importa. Non è nella posizione di giudicarla, non lo sarà mai. Haru ha ancora sul braccio sinistro le sottili cicatrici che le hanno lasciato i suoi artigli a perenne ricordo del fatto che lui sia un mostro e che le debba solo essere grato. Grato e devoto come il migliore dei canidi, il più fedele, il più mansueto e innocuo. 

Uno studente erbivoro li guarda con sospetto o uno carnivoro lo fissa chiedendosi se riuscirà a divorarla e a farla franca e Legoshi si sente ancora più grosso e maldestro e ha paura di tutto. Lui l’audacia non l’ha mai conosciuta e neanche la fortuna. 

Haru, però, con il tempo smette di avere paura di lui, di costringere le gambe a non tremare o le orecchia a non calarsi in segno di sottomissione. I suoi sorrisi si fanno più tranquilli, più sinceri e la distanza tra loro si accorcia man mano, finché un giorno le loro ginocchia non si toccano e lei non si ritrae. 

Legoshi non ha mai saputo cosa fosse l’audacia, ma Haru ne ha fatto il proprio scudo, intenzionata a vivere ogni istante di quella vita misera e piccola che le è stata data. Haru ha paura, tutto il tempo, ogni momento della giornata. È la sua natura di preda che le impone di essere perennemente sul chi vive, ma nonostante questo non riesce a soffocare quel desiderio bruciante di vivere che prova. Lei non vuole avere paura del lupo grigio e giorno dopo giorno soffoca quel bisogno di allontanarsi da lui e di scappare finché non diventa per lei un pensiero insopportabile. 

Haru è audace, anche se nessuno lo direbbe mai. È coraggiosa anche se non dovrebbe esserci niente di coraggioso o lodevole nel non essere più terrorizzata da Legoshi. Il lupo grigio è una delle creature più buone e gentili che abbia conosciuto; il fatto che sia uno studente carnivoro non lo rende certamente peggiore di altri agli occhi di Haru - lei lo trova migliore di qualunque studente maschio di quella scuola, ma un po’ si vergogna ancora ad ammetterlo.

Un giorno sono seduti su una panchina, nel giardino della scuola e nessuno li sta guardando, ma non importa. Legoshi le sta raccontando qualcosa che è successo al club di teatro, anche se Haru non riesce a seguirlo né a smettere di fissargli le mani. Quando sono insieme, Legoghi cerca sempre di tenerle chiuse a pugno per non turbarla con i suoi artigli e questa cosa la fa arrabbiare. 

Fa di nuovo caldo, l’estate è imminente e indossano entrambi le divise estive.

- Mi piace non dover mettere il blazer - le dice ancora e Haru neanche lo ascolta più.

Quando la piccola e bianchissima mano di Haru afferra la sua, Legoshi trasale e trema appena.  

- Non avere paura - gli dice con quella voce da bambina e a Legoshi come al solito si annoda la lingua. 

Gli mette la mano sul proprio braccio, il palmo grande e grigio che le copre le cicatrici dei suoi artigli. 

- Non ho paura se mi tocchi - continua, con un tono più adatto a una richiesta che a una affermazione. La coda prende di nuovo a scodinzolare e Legoshi si sente piuttosto fortunato. 

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