Piccole ombre
Feb. 20th, 2021 03:31 pm![[personal profile]](https://www.dreamwidth.org/img/silk/identity/user.png)
Storia scritta per la seconda settimana del COWT11;
Harry Potter - Reglene
2620 parole;
M2 -Piccola ombra
Marlene ha un naso lunghissimo, la pelle pallida e due occhi enormi che le danno un’aria un po’ spettrale, da fantasma.
Si aggira per Hogwarts con il naso perennemente all’insù e una nuvola di capelli biondissimi e arruffati che la seguono come la coda di un gatto segue il suo padrone.
Marlene e Regulus si parlano per la prima volta al terzo anno, durante una lezione di Cura delle Creature Magiche, e nessuno dei due ha voglia di farlo.
Devono fare un’esercitazione pratica e l’insegnante li ha divisi in piccoli gruppi di due persone, mischiando le Case, nell’illusorio tentativo di stemperare la tensione crescente di quel periodo.
Il cielo è tutta un’enorme nuvola grigia, l’aria è umida e si trovano al limite della Foresta Proibita, stretti nelle cappe nere e con l’aria di chi vorrebbe essere da tutt’altra parte e non aver nessun problema nel renderlo noto. È novembre e si prospetta come
- Sbrighiamoci, prima che venga a piovere –
Marlene alza gli occhi al cielo e arriccia il naso. Passa un tempo lunghissimo prima che parli di nuovo e Regulus è ormai tanto preso a sfogliare il Manuale di Cura delle creature Magiche che quasi si è dimenticato di quello che ha detto – o che lei sia lì.
- Non pioverà, non oggi, magari domani – dice Marlene e la sua voce è un po’ nasale e un po’ squillante e un po’ dà sui nervi a Regulus. La ignora semplicemente e riprende a leggere.
Il professor Silvanus Kettleburn li osserva da lontano. È un ometto corpulento, coi beffi nerissimi e un principio di calvizie incipiente e mal nascosto da un riportino piuttosto imbarazzante.
- Fate attenzione – dice, senza riferirsi a una persona in particolare e prosegue, andando a controllare un altro piccolo gruppo, non troppo lontano, che battibecca senza sosta e ignora la creatura affidata loro. Mischiare Serpeverde e Grifondoro non è stata proprio un’idea brillante.
- Lo stregatto è una creatura originaria del Nord Est della Scozia – inisza a leggere ad alta voce, senza premurarsi che la compagna lo stia ascoltando – Ha gli occhi gialli o tendenti al verde e la pelliccia viola e nero. Ha le sembianze di un grosso gatto e sorride perennemente, anche se non è sempre divertito –
Lo stregatto alza gli occhi verso di Regulus, come se sapesse che sta parlando di lui, e fa ondeggiare la coda viola.
- Ok, fin qui ci siamo. Può fare piccoli incantesimi, rendersi invisibile, ha un pessime senso dell’umorismo e bla bla – continua, girando la pagina e ignorando una serie di informazioni colorite e poco utili al momento.
- Come facciamo a convincerlo a parlare? – dice allora Marlene.
Lo scopo della lezione di quel giorno è fare in modo che il proprio stregatto si fidi del mago a cui è affidato e gli riveli il proprio nome.
- Ci sto arrivando – le risponde piccato e gira un’altra pagina – Ok, ecco. Bisogna mettergli la mano sulla testa e ordinarglielo – conclude e poi chiude il manuale di Cura delle Creature Magiche.
Marlene non ne sembra particolarmente convinta e fa sfarfallare lo sguardo dalla creatura al compagno. I suoi occhi sembrano improvvisamente più grandi.
- Non penso sia il modo giusto- dice alla fine.
- Il libro dice di fare in questo modo. Pensi di saperne più del libro, McKinnon? – Regulus detesta quella lezione, detesta quel corso e detesta essere stato messo in gruppo con una strega che è nata in una famiglia Babbana e non sa niente del Mondo Magico e che non fa che fare domande sciocche e dalla ovvia risposta.
- Non mi piace il modo in cui ti guarda – continua Marlene, ancora meno convinta.
- Non dire sciocchezze –
- Sono sicura che stia per saltarti in faccia –
- Gli stregatti non saltano in faccia alla gente, McKinnon – Regulus è lì lì per andare via. Lui neanche voleva iscriversi a quel corso, insomma!
- Ti dico che non è il modo giusto, lo sento - ritenta Marlene e poi fa roteare gli occhi, come se la risposta fosse lì sotto i loro occhi e Regulus si rifiutasse di vederla - Guarda la sua ombra come si è fatta piccola –
- Non c’è niente di strano nella sua ombra –
Sì, decisamente Regulus sta per tornare a scuola e rivedere del tutto il proprio piano di studi.
Regulus fa un movimento stizzato con la mano destra, come a voler sottolineare che la discussione si è chiusa lì e lo stregatto socchiude gli occhi e fa un sorriso ancora più grande, tutto denti e canini.
- Merlino – grida l’attimo dopo, quando la creatura gli salta in faccia.
Passano il resto della lezione a cercar di convincere lo stregatto a lasciarlo andare e a scendere dalla sua testa.
- Bel cappello, Black – ride Marlene, riferendosi alla creatura acciambellata sui capelli dell’altro, e la sua voce è squillante più di prima, con le lacrime agli occhi.
- Oh, chiudi il becco, McKinnon -
*
Hanno entrambi quindici anni quando si parlano di nuovo e Regulus ha assunto un’aria quasi più spettrale di quella di Marlene, con il viso smunto e un sorriso affettato che ricorda vagamente quello del fratello.
- Qualcosa mi dice che non dovresti farlo – bisbiglia piano la Grifondoro, con il tono tranquillo e pacato di chi in realtà sta rispondendo a una domanda che non gli è mai stata posta.
La biblioteca è silenziosa e quasi del tutto vuota – le vacande di Natale sono alle porte e la scuola si è svuotata – e Regulus davvero non riesce a capire perché la ragazzina si sia seduta, tra tanti tavoli vuoti, proprio davanti a lui.
- Qualcosa mi dice che dovresti farti i fatti tuoi – la rimbecca lui, cercando di tenere la voce il più bassa possibile. La bibliotecaria è una donnina piccola e sciupata e assolutamente intransigente: non vuole essere proiettato fuori dalla biblioteca, insomma.
- Sta per succedere qualcosa che non ti piacerà – aggiunge semplicemente Marlene, scrollando le spalle e tornando a grattare la superficie della sua pergamena con la punta di una piuma che sembra aver passato tempi migliori.
Ha una grafia tonda e disordinata, tutta una serie di lettere che si mischiano le une alle altre e che sono scandite da grumi più o meno consistenti di inchiostro, su cui passa il profilo della mano e sbava. Marlene ha la mano destra tutta sporca e Regulus sta per fare un commento acido sul fatto che non sia ancora in grado di scrivere con il calamaio, ma poi si morde la lingua e si dice che non sono fatti suoi e che non vuole attirare assolutamente l’ira della bibliotecaria.
- Tu hai qualche rotella fuori posto, non è così? – bisbiglia, accigliandosi ancora di più.
Apre con un colpo secco il grosso volume che ha tra le mani e un ragno – un ragno enorme – si proietta verso la sua faccia e una miriade di altri ragnetti, alcuni piccoli come le capocchie di uno spillo, si danno alla fuga e gli finiscono sulle mani, sui vestiti, su qualsiasi cosa.
Regulus grida, Marlene non riesce a trattenere le risate, mentre cerca di aiutarlo, e la bibliotecaria è al loro tavolo in un secondo.
Volano fuori dalla biblioteca come due Bolidi e atterrano in modo altrettanto spiacevole.
La sera, nel dormitorio di Serpeverde, Regulus si rigira nel suo letto, sentendosi ancora addosso le zampette del ragno e la risata stupida della Grifondoro nelle orecchie.
Lui non le ha mai detto di aver paura dei ragni, non lo ha mai detto a nessuno.
*
Marlene ha gli occhi un po’ troppo sporgenti, di un verde acquoso, i capelli perennemente arruffati e una voce insopportabile. Regulus non capisce perché se la ritrovi sempre tra i piedi – tra i pensieri – finché un giorno semplicemente i loro nasi non si sfiorano per sbaglio e a lui quasi non viene un colpo e la bocca non gli si secca all’improvviso.
- La tua ombra ha qualcosa di strano oggi, Black – gli dice lei allegra, fingendo di non vedere il rossore sulla faccia dell’altro e di non avvertire la propria faccia andarle in fiamme.
Hanno entrambi quasi diciassette anni e i loro incontri casuali hanno iniziato a farsi più frequenti. Si incrociano la mattina, quando vanno a fare colazione; la domenica nella serra; il pomeriggio in biblioteca, al loro tavolo.
Nei corridoi si sfiorano appena e fanno un po’ resistenza su loro stessi per non fermarsi lì, impalati, come due idioti.
Marlene profuma di buono e Regulus si sente avvampare ogni volta che i capelli di lei gli solleticano il naso o sfiorano il viso.
Un pomeriggio Marlene continua a blaterare senza sosta di ombre dalle dimensioni più strane e di eventi spiacevoli che attendono entrambi e Regulus non ce la fa più. La sua voce è squillante e nasale e insopportabile, biascica un po’ le erre e tira un po’ troppo le elle e Regulus semplicemente si china su di lei e la bacia.
Imbacciato, umido, imbarazzato. Regulus non ha mai baciato nessuno; Marlene sì, l’anno prima a un campo estivo, ma non gli dice niente.
Marlene smette di parlare di ombre per il resto della giornata.
*
L’insegnante di Divinazione glielo ha assicurato più volte, lei non ha l’Occhio, non ha la capacità divinatoria propria di alcune streghe e alcuni stregoni. E’ quasi impossobile per un nato Babbano riuscire ad avere abbastanza magia da vedere il futuro e tant’è che i voti di Marlene in Divinazione sono piuttosto mediocri.
Hanno entrambi diciassette anni e sono all’ultimo anno. La guerra è scoppiata, anche se in sordina e nessuno ne vuole parlare e Regulus finge di non sapere cosa lo aspetta di lì a pochi mesi; Marlene evita di parlarne o di chiedergli cosa voglia fare.
Mi uccideresti davvero? Ogni tanto le passa per la testa, quando sono insieme da soli, nascosti in qualche aula vuota o in biblioteca.
Non ha mai il coraggio di chiedere e le ombre attorno a lei rimangono piccole e nerissime.
Marlene non ha l’Occhio, ma in famiglia si tramandano da generazioni un sesto senso quasi del tutto infallibile.
- Sai, mia nonna sapeva sempre quando stavo per prendere un brutto voto o il pesce rosso stava per morire - gli dice un giorno, piuttosto convinta e seria, come se gli stesse confessando il più oscuro segreto della sua famiglia.
Regulus fa roteare gli occhi, neanche più troppo infastidito da quella ennesima stranezza.
- Tua nonna era Babbanna, McKinnon –
- Quando ero bambina mi disse che avrei incontrato un giovanotto che avrebbe avuto il terrore dei ragni – sogghigna e gli bacia piano una guancia.
Il viso di Regulus è ancora liscio e pulito come quello di un bambino e alle volte Marlene si chiede se avrà il tempo di vedergli crescere la barba. Probabilmente no, ma non può – non vuole – dirlo a nessuno dei due.
- Io non ho il terrore dei ragni – sbotta Regulus piccato e le tira una ciocca di capelli come un bambino dispettoso – Sono solo disgustosi e pieni di zampe –
Marlene ride, un po’ meno rumorosa del solito, ma Regulus non ci fa troppo caso.
*
Per tutta la sua vita Marlene ha visto ombre diverse da quelle degli altri, piccole presenze nere in prossimità di chi sta per fare qualcosa di sbagliato o spiacevole. Non ha mai saputo spiegarlo, né in realtà lo ha davvero detto a qualcuno. Ha accennato qualcosa a Regulus, ma mai in maniera davvero seria e l’altro ha rapidamente catalogato la cosa come una stranezza su cui poter passare oltre.
- Non devi dirlo a nessuno – le aveva intimato sua nonna, quando era bambina – Quelle come noi venivano bruciate sul rogo secoli fa e ora vengono rinchiuse in manicomio. È un segreto, hai capito, mia cara? –
Marlene aveva cinque anni e da quel giorno aveva iniziato ad essere terrorizzata dall’idea di essere bruciata viva e aveva smesso di parlare ai suoi genitori di ombre e catastrofi ed entrambi ne erano apparsi sollevati.
Marlene vede le ombre sugli altri, sulle cose, ma mai su se stessa. Non lo ha mai fatto, non ne è mai stata capace, finché non ha quasi diciotto anni e una sensazione orrenda alla bocca dello stomaco.
L’ombra è nera come la pece e viscosa e spiacevole. Fredda tanto da metterle i brividi e darle la sensazione di non avere più aria nei polmoni.
La vede crescere con orrore e all’inizio non ci fa davvero caso, ma una mattina si alza dal letto, si specchia e si rende conto che ormai è una nuvola nera alta più di lei e che non può più essere ignorata.
A regulus non dice nulla, non sa cosa dirgli. Un’ombra quasi identica gli sta crescendo al fianco e a Marlene viene quasi da piangere e si obbliga a diventare più allegra e più affettuosa di quanto non lo sia mai stata in vita sua. Regulus percepisce la stranezza, ma è troppo spaventato da quello che gli sta succedendo per farci davvero caso.
Un giorno si incontrano di nascosto, di nuovo – un Mangiamorte e una Nata Babbana – e si amano con la tenerezza e la disperazione di chi non può scegliere quale sia il proprio destino.
- Come sono le ombre ultimamente? – le chiede all’improvviso, mentre sono nel letto di un motel babbano, in un paesino di cui quasi nessuno sa il nome e fuori diluvia.
I capelli di Marlene profumano di bagnoschiuma e le sua mani sono un tocco gentile che evita di toccargli il tatuaggio che gli deturpa il braccio destro. Regulus si sente un po’ più leggero e un po’ meno prossimo alla morte, mentre la stringe e giocherella con i suoi capelli biondi e arruffati.
Non le ha chiesto delle ombre perché voglia davvero saperlo o perché abbia mai creduto a quella storia. Marlene, fin da bambina, è sempre stata dotata di una fervida immaginazione. Lo ha chiesto solo perché le ombre e Marlene che ne ciarla sono il primo ricordo che ha di lei e sentirla ancora parlarne gli può dare per un po’ l’impressione di essere ancora due ragazzini pigri e viziati, al sicuro tra le mura di Hogwarts.
Marlene strofina il naso contro la sua mascella. A Regulus non è ancora cresciuta la barba – non gli crescerà mai, adesso la Grifondoro lo sa – e il loro è solo uno strofinio di pelle su pelle.
- Mi sei mancato – gli confessa dopo un tempo lunghissimo, ignorando volutamente la domanda.
- Mi sarei mancato anche io – le dice subito dopo lui, con un sorriso che non gli raggiunge gli occhi.
Si sente profondamente turbato dal fatto che lei non gli abbia risposto.
*
Si salutano qualche ora dopo, completamente rivestiti e camuffati nelle loro cappe scure.
- A presto – le dice Regulus, stringendola un’ultima volta. Ancora per qualche secondo, ancora con un po’ più di forza, ancora e ancora, perché non la vuole lasciare andare perché ha una sensazione orribile nel petto.
- Regulus… - e Marlene è lì lì per dire qualcosa, per svuotarsi di quel peso che da mesi la opprime e la segue con le sembianze di un’ombra non più tanto piccola e fin troppo nera.
Vuole dirglielo, ma le lacrime le pizzicano un occhio e lo strige con ancora più forza e si morde le labbra. Quello è un peso che non deve toccarlo, che non può toccarlo.
Alla fine sono costretti a staccarsi – anche se Marlene rimane qualche istante in più avvinghiata ai vestiti di Regulus, come se non volesse mai lasciarlo andare, come se lasciarlo in quel momento volesse dire perderlo per sempre – e Regulus le dà un ultimo bacio e le asciuga una lacrima che le è sfuggita.
- A presto – le dice ancora, cercando di essere più convincente.
Marlene reclina il capo verso destra e sorride piano.
Si Smaterializza per prima e dice una cosa che mai gli aveva detto prima di quel momento e che fa contorcere le budella di Regulus.
- Addio –
Quando, qualche giorno dopo, gli arriva la notizia della morte di Marlene, Regulus non ne è neanche così stupito, solo rassegnato.