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  • Scritta per la quinta settimana del COW-T9;
  • prompt: fuga;
  • 553 parole;




Il cuore le martella nelle orecchie e il fiato le manca, è un risucchio doloroso ed estenuante, che le brucia la gola e le fa dilatare le narici in un modo grottesco e quasi ridicolo. Corre a perdifiato, i piedi che sbattono malamente contro il suolo e il corpo che impatta contro superfici che non riconosce e che non sa neanche che cosa siano.
Fa freddo, è buio e non sente e non vede nulla, presa da un terrore tanto profondo e incontrollabile da annullarla e spingerla a essere quella creatura senza anima o ragione che agogna solo la sopravvivenza e nulla più.
Non vede e non sente, ma è certa che la stiano seguendo. L’istinto lo suggerisce, lo grida, le rosicchia l’animo per metterla in guardia e lei accelera la fuga con cieca fiducia in quella vocina che sussurra e si agita nella sua testa.
Riconosce una foglia che le sbatte contro la faccia, lo scrocchiare di un ramoscello sotto al peso del suo piede, la spina di un cespuglio che le graffia la pelle chiara. Bosco, registra la sua mente e rimane intontita e incredula nel realizzare di non sapere dove realmente sia e come ci sia arrivata. Sa solo che deve correre e le sue gambe obbediscono prontamente.
Dovrebbe essere nel suo letto, nascosta dal tepore e dalla sicurezza della sua casa, a prepararsi per il giorno dopo o a riposarsi da quella routine giornaliera che lei non fa che ripetere che la ucciderà. Realizza con un lampo di dolore misto a paura che probabilmente quella routine è stata interrotta per sempre, che non si ripeterà, che non tornerà alla vita di tutti i giorni, a lamentarsi per il treno in ritardo o per il pessimo caffè del bar vicino all’università. Le si stringe lo stomaco e annaspa, mentre le risale un rigurgito ed è nauseata all’idea di non sapere quale sia stato il suo ultimo pasto.
Sbatte contro un ramo, un tronco, un cespuglio. Avverte il dolore di una nuova ferita che si forma, di un livido che a breve prenderà colore, di una cicatrice che spera di aver il tempo di vedersi formare.
Dietro di lei sente solo uno schioccare di rami, di foglie secche e si chiede se non sia arrivato il momento di fermarsi, se non abbia seminato qualsiasi cosa la stesse seguendo – se c’era davvero qualcosa che la stava seguendo- ma la paura è troppo grande e anche se le sembra che il cuore le stia per uscire dal petto e si sente morire, con i polmoni che le bruciano e il respiro troppo rapido, i suoi piedi non accennano a fermarsi.
Fugge e le sembra che sia tutto quello che abbia mai fatto, che la vita tranquilla e monotona, che la routine, siano solo un sogno sfocato, un’illusione della sua mente per sfuggire a tutto quello e si chiede cosa sia reale e cosa no.
Potrebbe fermarsi, potrebbe farlo davvero. Da cosa sta scappando? Non lo sa, ma non vuole scoprirlo; non vuole neanche continuare a correre, a fuggire, a strusciare la pelle contro le foglie, i rami e tronchi.
Potrebbe fermarsi, si ripete, ma poi inciampa, rotola e batte la testa. Il dolore è appena percettibile, la paura evapora all’improvviso e la corsa finisce. Da qualche altra parte inizia una nuova caccia.



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