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[personal profile] irgio
  • Storia scritta per la terza settimana del COWT10;
  • prompt: neonati;
  • 2000 parole








 È una donna normale, non ha particolari ambizioni o hobby. Trascorre ore intere a non far niente e le sue giornate sono scandite da un susseguirsi di momenti identici e faccende da fare, corsi da seguire, obblighi a cui non può sottrarsi e a cui deve tenere fede, anche se non le interessano più di tanto. 

Ogni tanto le piace uscire con gli amici, vedere un film o andare a fare una passeggiata; perdersi per la città, gironzolando senza una meta e ripercorrendo cento volte la stessa stradina fingendo di non essersi persa. Ha un pessimo senso dell’orientamento, lo sa da quando era ragazzina e durante le gite scolastiche arrivava il momento di lasciare alla scolaresca un po’ di libertà e i ragazzi potevano andare a zonzo da soli, senza la supervisione di un adulto: lei si accodava sempre a qualche amica, anche se non le interessava più di tanto essere in compagnia o voleva vedere qualcosa che l’altra non aveva neanche lontanamente in programma; era l’unico modo per non perdersi e fare la figura della idiota con gli altri. Il suo istinto di auto conservazione, sotto questo punto di vista è sempre stato piuttosto sviluppato: evitare momenti di imbarazzo, per non finire al centro dell’attenzione e poter continuare a mantenere una facciata di dignitosa normalità. Non le è mai piaciuto essere al centro dell’attenzione, né essere vittima del biasimo degli altri. Finge che le cose non la tocchino, che sia sempre tutto tranquillo e normale per non far preoccupare amici o parenti, lo ha sempre fatto, fin da bambina, e col tempo è diventato molto più semplice fare finta e seguire un copione già ben navigato, che agire d’impulso e buttarsi alla cieca in qualcosa che poteva finire bene tanto quanto finite male.

In ogni caso, sì, non ha un buon senso dell’orientamento e ne è consapevole, qualche volta qualche amico con cui ha più confidenza la prende in giro per questa cosa e lei si sente non poco a disagio, ma finge di trovarlo anche lei divertente e forza un sorriso - dentro di lei vorrebbe mandarlo a fanculo, mandare al diavolo lui e un po’ tutti, ma non lo fa; sorridere è più facile, più sicuro, la tiene ancorata una pacatezza e a un terreno che le è familiare e a cui non vuole dire addio. In ogni caso, non le piace dire di non sapersi orientare, anche nella sia stessa città, ma quando deve, lo dice lei per prima, con ironia - è una persona ironica e sarcastica, sono tratti del suo carattere che ha sviluppato con il tempo e che l’hanno sempre aiutata a tirarsi fuori da momenti spiacevoli o imbarazzanti. Basta una battuta, una frase sarcastica per distogliere l’attenzione, e la gente ride e pensa di star ridendo con lei e quindi passa avanti, dimentica la cosa e l’argomento della discussione diviene un altro. 


Le piace stare da sola, passare lunghe sere davanti a netflix, a mangiare schifezze e a compiangersi per quei momenti di noia; al tempo stesso, mentre si lamenta tra sé e sé, per quella situazione di apparente apatia, se qualcuno le scrive per proporle di uscire, lei inorridisce e inventa una scusa per rimanere a casa. È un comportamento che lei per prima alle volte non capisce, ma le piace stare a casa, le piace lamentarsi di non aver niente da fare e poltrire a letto, le piace mangiare schifezze e passare nottate insonni a guardare serie tv spazzatura o a scorrere senza uno scopo la home di Netflix alla ricerca di qualcosa di decente da guardare - anche se poi alla fine finisce sempre per aprire la serie più noiosa e guardare solo metà del primo episodio, per poi ritornare sulla schermata principale e aprire qualcosa che ha già visto cento volte, ma che sa che non la tradirà.

Vive da sola da quando ha finito l’università, ogni tanto vede i suoi genitori, chiama sua madre e intrattiene una vita familiare non troppo attiva. Vuole bene ai suoi genitori, a suo fratello e anche al loro cane, ma le piace mantenere un senso di lontananza e di autonomia; del resto non è mai stata un membro particolarmente attivo del nucleo familiare neanche da ragazzina e grazie a dio i suoi genitori non l’hanno mai obbligata a fare nulla che non volesse. Hanno accettato ormai da tempo il lato riservato e timido del suo carattere, il fatto che sia poco espansiva e restia a manifestazioni eccessive di affetto.  Non fanno viaggi di famiglia da anni, da prima che entrasse nella pubertà, e non sono mai stati quei genitori imbarazzanti che creano gruppi di famiglia su Whatapp o che commentano con frasi smielate e sgrammaticate i post sui social. 

Il carattere di suo padre è molto simile al suo e talvolta sua madre brontola qualcosa a riguardo, in una divertente macchietta di se stessa; suo fratello è un ibrido tra sua madre e suo padre, con un carattere decisamente più espansivo del suo e molto meno indipendente, anche se ogni tanto sparisce nel nulla senza dare segni di vita per giorni. 

Una volta al mese, è tassativo, pranzano tutti insieme. Qualche volta si unisce a loro anche la nonna, seppur ormai sia diventata particolarmente vecchia e sorda e si rifiuti di ammetterlo, per cui sono costretti a trascorrere tutto il pasto praticamente urlandosi da un capo all’altro del tavolo e fioccano incomprensioni e frasi folli che nessuno di loro ha detto. Non importa se a casa o a pranzo fuori, loro devono vedersi. È la regola, da quando sia lei che suo fratello sono andati a vivere da soli. È il modo in cui i loro genitori tengono unita la famiglia e anche l’unico momento in cui è loro concesso fare il terzo grado ai figli senza che questi possano in alcun modo svincolarsi o darsi alla fuga. Sua madre è la più spietata, li rivolta come un calzino, chiedendo minuziosamente anche quello che hanno mangiato a pranzo tre settimane prima; loro padre invece è più pacato, fa le solite domande di rito ( - Come va il lavoro? - Tutto bene con la casa? - Stai mangiando? - Hai bisogno di soldi? - Guai in vista? - ) consapevole che la sua dolce metà non gli avrebbe concesso altro tempo per prendere la parola. 

Tutto sommato era un momento piacevole da passare tutti insieme, anche se prima di vederli, lei non ha mai voglia di vestirsi e lavarsi e uscire dal suo letto e al tempo stesso la consapevolezza di passare una giornata piacevole non riesce a soppiantare il desiderio di rimanere a casa a crogiolarsi nel suo dolce far niente. Sua madre, però, potrebbe spellarla viva se le desse buca e tanto basta a farla uscire di casa per il pranzo in famiglia - ma non le impedisce di lamentarsi della cosa per tutto il tragitto tra casa sua e quella dei genitori.

Quando si è trasferita definitivamente - se non si conta l’erasmus e la magistrale fatta in un’altra città - suo padre l’ha aiutata a impacchettare le sue cose e a fare il trasloco, suo fratello, più piccolo di lei di un anno, si è appropriato di tutto quello che ha deciso di non portare con sè; sua madre invece si è comportata come se fosse appena accaduto un lutto, vestendosi addirittura di nero per giorni e parlando di lei e dei momenti passati insieme al passato - con lei presente - e ha tenuto la sua camera così come lei l’ha lasciata, nel caso volesse tornare - anche l’orrido paio di mutandine con le fragoline di quando aveva quattordici anni e si divertiva a comprare intimo antisesso con l’evidente scopo di far vergognare la se stessa di quindici anni dopo. Ogni tanto sua madre continua a indagare sul suo conto, per sapere se ci sia un uomo nella sua vita o se intenda tornare a casa da loro. - Non sarebbe assolutamente un problema - le dice, sfoggiando il suo miglio sorriso materno, ma lei non si lascia convincere né ingannare - Mà, sarò una di quelle vecchie zitelle co cento gatti, te fa na’ raggion - le dice, marcando volutamente un dialetto che lei per prima usa di rado e di cui non è particolarmente padrona. 


Non è particolarmente bella, ha un viso anonimo, un occhio leggermente più grande dell’altro - anche se tutti la rassicurano sul fatto che sia solo una delle sue fisime mentali e che non sia assolutamente così - le labbra sottili e i capelli mossi, né ricci, né lisci, un ammasso scuro e paglioso con cui deve combattere ogni mattina e che, puntialemente, si concia come più gli piace e al quale alla fine lei si arrende sconfitta. Spesso i capelli li porta legati, soprattutto in ufficio, e con gli occhiali da lettura che usa quando è al pc e gli abiti grigi e anonimi che indossa a lavoro, le danno un’aria austera e la invecchiano un po’. 

Non è magra, né grassa, ha il classico fisico di chi è vissuto di rendita fino a quel momento e che alla soglia dei trent’anni inizia a pentirsi di tutte le patatine mangiate e dei giorni di palestra mai fatti. Ha un po’ di ciccia sui fianchi, sulla pancia e sul culo, il seno tondo e lentigginoso, né abbondante, né piccolo; un paio di tette che si vedono un po’ ovunque e che non attirano l’attenzione più di tanto. Nonostante questo, è difficile che passi molto tempo tra una relazione e l’altra. È il genere di persona a cui non piace stare da sola, anche se dopo un po’ si sente soffocare e ha bisogno di troncare nel modo più brusco possibile. 

Le piace anche il sesso, molto, e vivere da sola le permette di avere una vita sessuale piena, di poter sperimentare tutti i giochi che le piacciono e di tenerli tranquillamente nel cassetto del comodino senza correre il rischio che sua madre li trovi ficcanasando in camera sua. Ogni tanto torna a casa con un ragazzo nuovo, fanno sesso occasionale e poi non si vedono più. Altre volte ha una relazione abbastanza duratura con un uomo da permettergli persino di dormire nel letto con lei e di fare colazione insieme, anche se questo è un campanello d’allarme, il punto di non ritorno da cui nessuna delle sue relazioni si è mai salvata. Lo sa che poi iniziano a diventare troppo appiccicosi, troppo bisognosi di attenzioni, iniziano a dirle che la amano e prendono a mollare la loro roba a casa sua come se vivessero lì. Finge di ignorare la cosa per un po’, ma alla fine sbrocca e li molla. E torna ad avere relazioni occasionali per un po’, finché non sente il bisogno di qualcosa di più per un po’ du tempo e ricomincia tutto d’accapo. 

Non è il genere di donna che si lascia amare facilmente, ha paura di diventare fragile, di esporsi e di soffrire. 


È una donna indipendente, le piace la sua libertà, e quando scopre di essere incinta è quasi una tragedia, ma è troppo tardi per fare marcia indietro e abortire. La pancia cresce, la gente inizia ad accorgersene e le domande imbarazzanti sul padre fioccano come se nevicasse. Lei glissa e fa il solito sorriso di contentino. Un padre non c’è, non sa manco chi sia e lei si trova in quella situazione per puro caso. 

Quando il bambino nasce, è un mostriciattolo grinzoso, brutto come la lebbra, con la pelle squamosa e gli occhi tirati e gonfi. Lo porta a casa dopo solo una settimana e il suo mondo crolla. Sua madre le sta sempre tra i piedi, la creatura non fra che piangere e chiedere le sue attenzioni. Il sesso occasionale è finito, il tempo di Netflix e schifezze è finito, così come quello della piacevole solitudine e delle riunioni di famiglia solo una volta al mese. 

Ha perso tutto, lei che non è mai voluta essere madre. È come soffocare. 

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irgio

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