- Storia scritta per il cowt10;
- 602 parole;
- BNHA;
- M1
Izuku era un bambino adorabile, con le guance paffute e i capelli ricci e perennemente scompigliati. Tutto fossette e lentiggini. Quando era nato Inko lo sapeva che era speciale. Insomma, per tutte le madri i loro bambini erano speciali, ma Izuku aveva quel qualcosa in più che sua madre non avrebbe saputo spiegare. Forse il modo in cui la guardava o quello in cui agitava le manine paffute e piene o l’espressione meravigliata che faceva per ogni cosa. Izuku era il suo bambino, il suo tesoro, e Inko lo guardava crescere e correre e fare disordine per casa con lo sguardo accondiscendente e un po’ apprensivo di tutte le mamme. Quando il padre di Izuku era andato via, Inko aveva scoperto del figlio - un bambino di appena tre anni - una forza incrollabile. Anche nei momenti più bui, quando il baratro era lì ad attenderla e a chiamarla, Izuku le tendeva una mano e la trascinava via.
Izuku era il suo piccolo eroe, con la stanzetta disseminata di gadget e poster di All Might e gli occhi verdi ed enormi di chi trova il bello in ogni cosa.
Scoprire che non avesse un quirk era stata la sorpresa più grande. Né lei, né il padre di Izuku ne possedevano uno di particolare pregio o di unica bellezza, ma nella sua famiglia non ricordava un solo componente che ne fosse sprovvisto. Il dottore è quasi in imbarazzo quando comunica loro la notizia.
In cuor proprio Inko era felice che quel bambino perdetto, tutto lentiggini e capelli disordinati, non fosse destinato a essere un eroe. Mentre suo figlio piangeva e si disperava, realizzando di non poter mai essere come All Might, di non poter diventare un eroe, di non poter salvare altri se non sua madre, lei internamente gioiva. Era una madre orribile, le sussurrava una vocina nella sua testa, una madre che prova piacere e gioia nel sapere che il figlio non vedrà mai realizzato il proprio sogno.
In tv intanto mandavano l’ennesimo combattimento, l’ennesimo scontro, l’ennesimo intervento di un eroe e lei si sentiva con il cuore più leggero sapendo che suo figlio non sarebbe mai stato vittima del fervore e del pericolo a cui gli eroi andavano incontro. Gli eroi erano perennemente in pericolo, perennemente sul ciglio di un baratro, perennemente sposti a ferite e dolore. Izuku non sarebbe mai stato costretto a scegliere tra la propria vita e quella di un altro essere umano - Inko gioiva, perché anche se Izuku era ancora un bambino dalle ginocchia sbucciate e le guance paffute, lei sapeva che non avrebbe esitato a mettere la vita di un altro davanti alla propria.
Ha dodici anni Izuku e l’idea di diventare un eroe è ormai un ricordo. Inko lo vede andare a scuola, uscire con gli amici, avere la vita normale e priva di pericoli che lei a sempre desiderato. Lo aiuta a scegliere il liceo e ogni tanto gli allaccia ancora le scarpe - Izuku non le dice mai di no, anche quando cerca di trattarlo ancora come il bambino che non è più.
È con orrore, che all’alba dei suoi quattordici anni, che Inko lo vede in tv, sfoggiare un quirk che non credeva esistesse. Lo vede rischiare la priora vita, ferito e sanguinante, ma con il sorriso eroico e ben conosciuto che le fa stringere la bocca dello stomaco.
È una sorpresa, uno di quei colpi di scena che non ti aspetti e mentre lui le parla eccitato della scuola, degli allenamenti, delle missioni, degli scontri e le chiede di cucirle la tuta da eroe, a lei si spezza il cuore.